Sette colli per sette sorelle

Sette colli per sette sorelle

“A ognuna il suo colle!”

     Questo è ciò a cui probabilmente dovettero pensare gli antichi costruttori di Roma. A cosa mi riferisco? Permettetemi di prenderla alla lontana e di creare un po’ di suspence, del resto qui ci occupiamo di misteri, nevvero?

     Dovete sapere che nell’antichità era assai diffusa la pratica di consacrare le città a una divinità (cosiddetta poliade) che assurgeva a protettrice della stessa. I sacerdoti degli antichi romani erano soliti invocare gli dèi tutelari delle città in procinto di essere cinte d’assedio, promettendo loro che, qualora non si fossero opposti, a Roma avrebbero goduto di pari onori e culto.

 

 

     Anche l’Urbe, quindi, al pari delle sue controparti coeve, aveva una divinità “patrona”, la cui conoscenza del nome era a quasi esclusivo appannaggio dell’imperatore e di una ristretta cerchia sacerdotale. Rivelarlo avrebbe significato esporre la città a enormi potenziali rischi. I trasgressori, pertanto, venivano puniti con la morte o con l’esilio. Quest’ultima fu la punizione toccata a Ovidio che, nel quinto libro dei Fasti (poema epico in cui vengono rivisitate le feste, i riti e le consuetudini romane), si macchiò della colpa di aver suggerito, per bocca della Musa Calliope, l’identità della divinità, meno nota rispetto ad altri big del pantheon greco-romano, a cui la città era segretamente consacrata: Maia, figlia del Titano Atlante e dell’Oceanina Pleione, sorella maggiore delle ninfe Elettra, Taigete, Alcione, Celeno, Sterope e Merope, nonché madre di Hermes/Mercurio, che generò congiuntamente a Zeus/Giove.

     Sciolto da vincoli sacrali, diversamente dal sommo poeta latino, mi sento libero di elargire ulteriori indizi perché possiate correttamente interpretare la frase inziale.

     Parliamo, quindi, della data nella quale tradizionalmente viene collocata la nascita di Roma. No, non mi riferisco all’anno (753 a.C.), bensì al giorno: il 21 aprile. Tale ricorrenza rappresentava l’inizio del secondo mese dell’anno astrologico, corrispondente al segno zodiacale del Toro. Voi mi direte: “Cosa c’entra lo zodiaco con la genesi capitolina?” Frenate l’impazienza! Fra un po’ ci arriviamo. Intanto, tenete a mente i due indizi: Maia e Toro.

     L’ultima indicazione che vi darò riguarda il numero dei colli sui quali si erge la città eterna. Sin dalle scuole elementari ci hanno insegnato che sono sette: Aventino, Campidoglio, Celio, Esquilino, Palatino, Quirinale e Viminale. In realtà, il numero in questione è sottostimato. Potremmo dire che si tratta di una semplificazione. Perché, dunque, è sempre stato così importante ricondurre la fondazione di Roma a questo magic number?

     Il “sette” era un numero molto importante per i popoli antichi, tanto da essere considerato sacro. Quando i nostri antenati osservavano il cielo, notavano con stupore che sette erano i pianeti allora conosciuti (compresi Sole e Luna, nell’accezione di astri in movimento), di egual numero le stelle dell’Orsa, altrettante – ed ecco svelato l’arcano - erano le Pleiadi!

     Quest’ultime sono quasi tremila stelle, raggruppate in un ammasso, collocato, dal punto di osservazione terrestre, nella costellazione del Toro. Mediamente, ne sono visibili a occhio nudo sette. La stella che occupa la posizione centrale è l’anzidetta Maia. Presso le popolazioni arcaiche, le Pleiadi godettero di una tale venerazione che gli antichi costruttori, secondo il motto ermetico “Come in alto, così in basso”, si adoperarono per riprodurle in terra. Così facendo, intesero creare un ponte fra l’umano e il divino, nella convinzione che i loro insediamenti sarebbero stati benedetti dal cielo e che avrebbero perdurato in eterno.

     Non crediate, però, che Roma, in quanto Caput Mundi, detenga l’esclusiva in merito ai criteri di specularità astronomica! Si trova, infatti, in compagnia di numerosi altri importanti centri urbani. Mi limito a segnalare Bergamo e Cagliari, per l’Italia; Lisbona, Edimburgo, Bruxelles, Praga, Vilnius e Mosca, in Europa; Kampala in Uganda; Asuncion in Paraguay; Richmond in Virginia; Tirumala in India. Ma le due località che colpiscono maggiormente, per la sacralità che rivestono, sono Gerusalemme e La Mecca. Il fatto che le tre principali religioni monoteistiche (Ebraismo, Cristianesimo e Islam) abbiano le rispettive città sacre edificate su di un ugual numero di colli non può certo essere un caso e testimonia la grande considerazione che gli antichi riservavano al settetto celeste.

     Bene… Anche questa “escursione” nel passato e nel mistero si è conclusa. Tornerò presto a indagare siti archeologici, alla ricerca di connessioni terra-cielo e alla scoperta del volto, spesso inatteso, di popoli modernissimi, pur nella loro antichità. Spero di avervi incuriosito a dovere. Alla prossima!

ArcheoMysterium

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