Sin dai tempi antichi l’uovo è sempre stato identificato come simbolo di fertilità e rinascita, quindi nulla di più normale che la cultura cristiana occidentale se ne sia impadronita come simbolo della Pasqua di Resurrezione.
Ma le sue origini simboliche sono molto più antiche e ben diverse.
Dobbiamo tornare indietro fino alla “Madre della Montagna”, la Matar Kubeleya dei Frigi, per trovare le basi del significato simbolico dell’uovo nella cultura occidentale.
I Frigi erano una popolazione preellenica che si stabilì in Turchia, nell’Anatolia centro-occidentale, attorno al 1200 a. C. Provenivano dal territorio formato dall’Albania centrale, dall’Epiro settentrionale. dalla Macedonia e dalla Migdonia, una zona della Tessalonica.
Con ogni probabilità il nome Brigi deriva dalla radice indoeuropea Berg, che sta per montagna o altura.
I Brigi, che provenivano dalle terre montuose a occidente, vennero identificati come popolo dei monti dalla gente di Tessalonica e così conosciuti dalle popolazioni della zona anatolica.
Le loro origini erano centro europee, legate alla cultura di La Tène e di Hallstatt. Attraverso la cultura di Trzciniec e la successiva cultura Lusaziana, con spostamenti migratori che portarono queste popolazioni dalla zona centroeuropea alla zona balcanica fra il 5000 e il 1500 a.C. i Brigi raggiunsero la Migdonia, da cui emigrarono in Anatolia, dove presero il nome di Frigi, dando il nome di Frigia alla zona in cui si stanziarono.
Ne parla Omero come alleati della città di Troia nel corso del conflitto da lui descritto nell’Iliade.
La loro era una cultura matriarcale, la cui divinità principale era la Mater Kubeleya, “Madre della Montagna”, legata al monte Ida, presso Troia. Questa era la dea della natura, degli animali e dei luoghi selvatici e simboleggiava tanto la forza creatrice che quella distruttrice.
Esiste una connessione fra Pelasgi e Frigi: in epoca classica una provincia della Tessaglia era ancora chiamata Pelasgiotide. “Terra dei Pelasgi”. La Tessaglia era una parte del regno di Tessalonica, formato da Tessaglia, Tracia e Macedonia: le zone di origine dei Brigi.
Secondo il mito della creazione del popolo pelasgico Eurinome, Dea di Tutte le Cose, “Colei che vaga in ampi spazi”, emerse nuda dal Caos senza trovare nulla di solido ove poggiarsi. Decise allora di dividere il mare dal cielo e iniziò a danzare sulle onde. Andò verso sud e venne raggiunta dal vento del nord (secondo altri fu lei stessa a creare Borea), che lei afferrò e sfregò fra le sue mani sino a quando non apparve il serpente Ofione. Allora Eurinome si trasformò in colomba bianca e depose un uovo sul mare, ordinando ad Ofione di avvolgersi sette volte attorno ad esso. L’uovo, così fecondato da Ofione, si schiuse dando origine a tutte le cose, compreso Pelasgo, il primo uomo, emerso in Arcadia.
Ofione, però, si ritenne creatore piuttosto che strumento di creazione, scatenando l’ira della Dea che lo relegò nel buio delle caverne.
Occorre tenere presente che struttura religiosa dei Pelasgi era priva di Dei o sacerdoti, comprendendo solo solo una Dea e le sue sacerdotesse, secondo una tipica struttura matriarcale.
A titolo di curiosità segnaliamo che, per i Sumeri, Eurinome divenne Iahu, la “divina colomba”, da cui derivò, nella trasformazione della divinità dal femminile al maschile, il nome Yahwèh.
Questo mito primordiale preellenico trasfonde nell’orfismo permeando la tradizione culturale occidentale.
Ma chi era Orfeo ?
Orfeo, originato da una figura storica, ha una valenza molto importante nella storia della religione e della filosofia greca ed ellenistica in genere e delle culture da essa derivate.
Storicamente si tratterebbe di un antico greco, trasferitosi in Tracia per esportarvi il culto di Apollo e ivi deceduto. Tutto questo dovette accadere ben prima del VI sec. a.C., periodo in cui si riscontrarono i primi richiami scritti alla tradizione Orfica.
Le fonti più risalenti vogliono, invece, Orfeo originario di Lebetra, in Tracia. In tale regione era storicamente dimostrata l'esistenza di sciamani che operavano riti di collegamento fra il mondo dei vivi e quello dei morti. Questi venivano ritenuti in possesso di poteri magici naturali e in grado di provocare il distacco dalla realtà tramite la musica.
Il primo riferimento a Orfeo si trova in uno scritto del VI sec. a.C., ad opera di Ibico: il frammento 25 del lirico di Rhegion (Reggio Calabria).
In questo frammento la figura di Orfeo è già radicata nella cultura greca, quale artista e sciamano in grado di “incantare animali e di compiere il viaggio dell'anima lungo gli oscuri sentieri della morte”.
Secondo il papiro di Derveni, dal nome della località macedone ove venne rinvenuto nel 1962, Orfeo padroneggia la psychagogia, una struttura musicale che si estende alle anime dei morti. Questo papiro è il più antico manoscritto rinvenuto in Europa. Si tratta del commento ad un inno orfico, scritto fra il 340 e il 320 a.C., contenente argomenti di natura religiosa, filosofica e rituale.
Il mito di Orfeo e le sue tradizioni e rituali, trovano il proprio fondamento nella necessità, da parte della tradizione Greca, di tramandare il culto dionisiaco e i Misteri Eleusini.
L’Orfeo mitico, infatti, racchiude in sè elementi apollinei e dionisiaci. Viene dipinto come figlio o pupillo del dio Apollo, da cui è protetto. È un eroe demiurgico, che insegna agli esseri umani le arti e la religione.
Ma è anche in profonda crasi con il mondo naturale, da lui interpretato in maniera istintiva e profonda in quelli che sono i suoi cicli di decadimento e rigenerazione.
Nel mito di Orfeo divengono evidenti le analogie con la figura di Dioniso: il riscatto dagli Inferi di sua madre Semele, che si ricollega a quello Dionisiaco di Euridice; il suo dominio della natura selvaggia; la sua capacità di contrastare la morte; la convinzione nella divinità e immortalità dell'anima; la corruzione dell’anima a causa della colpa originaria dei Titani, la cui distruzione da parte di Zeus da origine agli uomini; il raggiungimento di tale immortalità solo come ricompensa per una vita terrena pura, che sfocia in una vita ultraterrena felice.
Per il legame con la tradizione apollinea, invece, Orfeo viene istruito dalle muse e da Apollo e diviene maestro di lira. Partecipa, poi, alla spedizione degli argonauti e tenta di riportare in vita sua moglie, Euridice, suonando per Ade e Persefone, ma fallisce e viene ucciso da alcune seguaci di Dioniso.
L’Orfismo si presenta, nella sua trasposizione rituale e nei suoi elementi cultuali, come una civilizzazione del culto Dionisiaco Tracio: in quest’ultimo erano presenti sacrifici animali cruenti, danze orgiastiche e assunzione di alcool. Nell'orfismo, invece, la carne è vietata, perché non gradita a Persefone e perché si crede nella metempsicosi, similmente al pitagorismo, e sono professati una vita e dei comportamenti virtuosi.
La tradizione orfica introduce, per prima nel mondo occidentale, il concetto duale di corpo mortale e anima immortale.
L’uovo assume centrale importanza nella creazione secondo la tradizione orfica.
Narra Damascio, nel suo "De Principia", come vi fossero, secondo la creazione orfica, tre forze primordiali: Chronos, il “Tempo”, Aither, il “Soffio Vitale” e Chaos. Chronos creò un uovo nell’Aria, da cui nacque Phanes, la “Luce”. Questo si accoppiò con la Notte creando il Cielo e la Terra.
Secondo una differente tradizione dello stesso mito, al momento della nascita dell’Universo Cronos, il “tempo”, e Ananke, la “necessità” intesa come destino, deposero l'uovo cosmico da cui si generò Phanes.
Phanes era il primo Re dell’Universo ed era ermafrodito, per tale motivo diede origine a tutte le cose. Proprio per tale motivo era, però, privo di interesse a regnare e cedette il proprio posto a sua figlia, Notte, che lo trasmise a Urano.
Un’ulteriore tradizione Orfica vuole che un uovo d'argento fosse deposto da Notte nell'Erebo e fecondato del vento del Nord. Da quest’uovo fecondato sarebbe nato Eros, primo tra gli Dei.
Torniamo, in questo caso, al mito pelasgico dell’uovo e del vento.
Potremmo collegare il mito dell’uovo cosmico ad innumerevoli altre culture, come quella Induista, ove nei Veda si parla della dea Vinata che depone l’uovo cosmico, da cui nasce un essere alato che riscatterà la madre dal potere dei serpenti. Sempre nella cultura induista, nei Rig Veda, si narra del Brahmanda, ove Brahma si racchiude nell’uovo cosmico formando lo Hiranyagarbha, il “Germe d’oro”, che esplode dando origine all’Universo.
Secondo il Taoismo cinese, invece, il Caos primordiale si coagulò in un uovo cosmico che conteneva lo Yin e lo Yang, i principi primordiali, che diedero vita al dio Pangu, dalle caratteristiche simili al dio greco Pan, il quale, presa un’ascia, spaccò in due l’uovo cosmico, creando la terra (Yin) e il cielo (Yang).
Nel Buddismo Zen giapponese, in principio era il caos, racchiuso in un uovo, che conteneva il seme creatore, dalla cui rottura nacquero tutte le cose.
Per i Celti l’uovo cosmico, che si chiamava Glain, era rosso ed era stato deposto da un rettile marino su una spiaggia.
In Mali, i Bambara credono che in origine vi fosse un uovo vuoto che è stato riempito da un soffio dello Spirito.
Vari-Ma-Tetakere, la divinità creatrice polinesiana, nasce, invece, da una noce di cocco: non proprio un uovo, ma poco dissimile.
Ma in occidente i richiami al mito orfico sono comprensibili a tutti.
Facile anche riconoscere i rimandi a quanto detto finora da parte della religione e della cultura cristiane.
Secondo la tradizione Cristiana l’uovo rappresenta il sepolcro da cui risorge Gesù Cristo, che è lo strumento di trasformazione da morte a rinascita.
Il legame con i cicli naturali, alla base delle tradizioni di rinascita pagane, permane forte anche nella tradizione Cristiana, in quanto la Pasqua cade proprio al principio della Primavera, periodo in cui la natura rifiorisce e, quindi, risorge.
Per tale motivo fu semplice e immediato assimilare le simbologie pagane a quelle cristiane.
L’uso di colorare e decorare le uova risale, invece, al Medioevo, come risulta dai libri contabili del re Edoardo I d'Inghilterra, ove è riportato l’ordine di 450 uova decorate e rivestite d'oro da donare in occasione della Pasqua.
La tradizione anglosassone ha, inoltre, il più forte legame con le tradizioni pagane precristiane.
L'antica dea latina della Primavera, Ostara, diviene Eoste, da cui Easter, “Pasqua” in Inglese. Secondo la leggenda, un coniglietto, per far piacere alla dea, depositò ovunque uova dipinte dei colori dell'arcobaleno. La dea ne fu talmente colpita da inviare il coniglio in giro per il mondo, con l’invito di donare le sue uova agli uomini. Da questa leggenda deriva la tradizione del coniglietto pasquale che dona le uova di cioccolato.
Peraltro il coniglio è da sempre, a causa della sua prolificità, simbolo di fecondità, quindi ben si accoppia all’uovo come simbolo di creazione e rinascita.
Un discorso a parte merita, invece, l'uovo colorato di rosso.
Secondo un’antica tradizione protocristiana, Maria Maddalena andò dall'imperatore Tiberio portando con sé un uovo per annunciare la resurrezione di Cristo. Tiberio non le credette e le rispose che non era possibile tornare dalla morte, come non era possibile che l’uovo che lei portava con sé divenisse rosso. Ovviamente l'uovo divenne immediatamente rosso.
Secondo un’altra tradizione coeva, al posto di Tiberio si trovava San Pietro, restando invariato il prosieguo del racconto.
L’interpretazione di tali tradizioni, che si riallacciano alla leggenda del Graal, Tiberio e Pietro rappresentano il potere Imperiale e quello Papale, mentre l’uovo rappresenta il figlio del Cristo che la Maddalena portava in grembo. La discendenza di Cristo non era ben vista dall’Impero e dalla Chiesa, poiché ne minava il riconoscimento divino e la superiorità sulla Terra, per cui, dopo l’unione dei due poteri sotto Costantino, questa storia sparì dal corpus dei testi religiosi cristiani canonici, restando solo in quelli apocrifi. Da quel momento, inoltre, la Maddalena venne identificata come prostituta, anche se nessun passo del Vangelo supporta questa tesi.
L’interpretazione di questa tradizione identifica, quindi, l'uovo quale simbolo di generazione e il colore rosso quale colore regale. L'uovo rosso diviene, pertanto, simbolo della "Stirpe Reale" per eccellenza, quella di Gesù Cristo.
Dal punto di vista iconografico la Chiesa corse ai ripari e, per evitare fraintendimenti, decretò che il manto della Vergine sulle varie rappresentazioni fosse sempre colorato di azzurro, quello di Cristo di rosso e quello della Maddalena di blu.
Ma la tradizione popolare era solida e superò anche tale ostacolo, giungendo a identificare la discendenza nobiliare come “sangue blu”.
Riguardo il simbolismo esoterico, invece, occorre richiamarsi all’Uovo Filosofale degli alchimisti.
L'uovo, quale simbolo dell’origine primordiale, era ritenuto la matrice che poteva ricondurre ogni cosa alla propria purezza spirituale risanandone la corruzione materiale.
Per gli alchimisti l’uovo si identificava con la Pietra Filosofale: era vitreo e i suoi elementi (guscio, albume e tuorlo) erano identificati con gli ingredienti alchemici sale, mercurio e zolfo, da cui sarebbe scaturita la Grande Opera.
Nel gergo alchemico l’«Uovo Filosofale» era anche la storta, Aludel, ove si collocava la Materia Prima, con cui procedere alla Grande Opera attraverso la "via umida". Questa era la via più lunga, ma anche la più sicura, rispetto alla "via secca" che adoperava il crogiolo, per giungere alla creazione della Pietra Filosofale.
Questa storta veniva, una volta riempita con gli ingredienti, rinchiusa nell'Athanor, il forno alchemico, ( detto anche Torre, Prigione o Caverna), da cui sarebbe dovuta emergere l’opera finita.
Si può, quindi, assimilare l'Uovo Filosofico all’Uovo Cosmico e l'Athanor al cosmo.
Comprendiamo, quindi, come l’Uovo sia da sempre simbolo di creazione e rinascita e, insieme al serpente, simboleggi i cicli naturali: l’inverno, il freddo, il buio, la terra gelata e brulla, il letargo degli animali, lasciano il campo in primavera alla rinascita/resurrezione, al calore, alla luce, alla terra che germoglia e agli animali che tornano a vivere e a riprodursi.
Questo rappresenta il naturale ciclo della vita, che coesiste sulla terra e che ne rappresenta l’equilibrio cosmico, che l’uomo ha da sempre seguito come necessario orologio vitale per la propria specie e che, da sempre, ha sperato sia rappresentazione sulla Terra del ciclo Universale della vita, che coinvolge anche le anime e le energie cosmiche.
A. R.