La Massoneria universale, raggruppando sodalizi massonici e riti differenti, tende a instaurare una forma di religiosità ispirata alla ragione; sotto l’aspetto sociale e politico porta gli uomini a sentirsi liberi e i popoli fratelli; nell’uguaglianza, mira a realizzare un’organizzazione umanitaria.
Attraverso le esperienze millenarie delle antiche sette ieratiche, con cauto e paziente processo formativo mira alla realizzazione di un programma di estremo rigore che escluda ogni tipo di potere autocratico.
Dichiara poi, pur accettando tutte le religioni, l’inconciliabilità con il Cattolicesimo romano inteso come strumento politico di uno Stato – quello vaticano – in quanto espressione di potere autocratico dei Papi.
La storia documenta ampiamente come tale forma di potere temporale intendesse invadere la sfera di competenza delle autorità laiche. Da questo deriva quel conflitto secolare tra Massoneria e Chiesa cattolica romana, ora palese e violento, ora latente e taciuto.
Ripercorrere le otto encicliche che vanno dal 1738 al 1892 potrà servire a circoscrivere tale conflitto nei limiti della sua portata storica, con l’intento di fornire una sintetica ma completa panoramica su aspetti solitamente analizzati dalle due parti secondo la passione del proprio schieramento.
“La setta dei Liberi Muratori non fa distinzione di religione - denuncia L’enciclica In eminenti – essa impone severo giuramento con minaccia di pene gravi per chi lo viola”. Così affermava Papa Clemente: “I massoni tradiscono loro stessi svelando la non onestà del patto che li lega”. Proseguiva avvertendo i fedeli di non dare il proprio nome alle sette senza peraltro menzionare colpe specifiche. I vescovi e i prelati erano invitati a individuare i trasgressori e condannarli per eresia. Non poteva che essere, però, una condanna generica, dato che la Massoneria promuoveva idee e concetti filosofici, peraltro con il garbo e la tolleranza che da sempre contraddistingue l’attività dei Figli della vedova, al punto che alcune Logge portavano il nome di santi. Anche per questo, a dispetto delle dichiarazioni di alcuni, l’azione del clero fu, nei fatti, prudente.
Per ben tredici anni si intesero tacitamente abrogate inquisizioni e sanzioni anche da parte del successore di Papa Clemente, Benedetto XIV, il quale però, nel 1751, spaventato dallo sviluppo delle idee illuministiche, decise di porre un freno proclamando la riconferma e l’inasprimento delle sanzioni per i massoni previste nella Bolla del suo predecessore con la Providas romanorum pontificium (1751). A causa del Giubileo appena trascorso, concedeva assoluzioni ai partiti mentre rafforzava gli ammonimenti per gli appartenenti alla Massoneria attraverso cinque gravi motivazioni:
- Poiché accettava uomini di qualsiasi religione, danneggiando così la purezza del Cattolicesimo romano;
- Poiché richiedeva la segretezza, presupposto di scelleratezze, contrapposte alle azioni oneste compiute sempre alla luce del sole;
- Poiché pretendeva un giuramento sulla inviolabilità del segreto, in contrasto con l’obbligo di confessione davanti alla unica autorità legittima, la chiesa;
- Poiché creava società contrarie a quelle normate dalle leggi civili canoniche;
- Poiché apparteneva alle categorie di società segrete, già vietate da norme precedenti.
Anche in questa seconda enciclica non si formulano accuse specifiche, né si denunciano azioni dannose nei confronti della religione. Ciò fa pensare che l’intervento della Chiesa romana sia sostenuto da un patto politico con il potere regio.
Le nuove idee che ormai circolavano legittimavano il potere laico non più attraverso una volontà ordinatrice e trascendente del Dio creatore di tutte le cose, bensì in quella del popolo, a sua volta espressione della volontà del G.A.D.U. Per questo, la Massoneria minacciava soltanto il prestigio secolare della Chiesa cattolica, senza contraddirla né osteggiarla nel campo dell’affermazione di verità teologiche. I massoni stessi riconoscevano la verità suprema dell’Ente massimo e ordinatore dell’universo come incorruttibile ed eterna.
La caduta del Libero Muratore Napoleone, la susseguente Restaurazione, la Santa Alleanza esasperarono i rapporti tra Massoneria da una parte, Stato e Chiesa dall’altra, fino alla promulgazione della terza Bolla, con cui Pio VII, nel 1821, volle dare una risposta ai moti rivoluzionari e alla Carboneria, ritenuta braccio operativo della Massoneria. Il tono è energico e aggressivo, l’atmosfera liberale, figlia dell’Illuminismo viene vista come causa della disgregazione dei valori.
“Uomini la cui superbia cresce sempre – è scritto – avevano osato fondare nuove società segrete, tra queste la più recente e largamente diffusa in Italia, la Carboneria”. Essa, pur essendo frammentata in molte sette, era in realtà una sola. Questa volta l’attacco fu diretto verso “i libri stampati con la regola che si suole tenere nelle adunanze specialmente nei gradi superiori, i catechismi e statuti”. Anche in questo caso, la Chiesa interviene non perché i carbonari, ritenuti esponenti della Massoneria, siano colpevoli per questioni strettamente religiose, ma perché la loro azione contribuisce all’indebolimento politico e secolare del Cattolicesimo. Affermare che l’autorità deriva dal popolo e non discende sul principe designato dalla volontà divina stravolge l’ordine costituito.
Appena tre anni dopo, nel 1824, Leone XII richiama le encicliche precedenti con una nuova bolla, la quarta: “Noi ci siamo dati senza posa da fare per scoprire lo stato, il numero, la potenza delle sette clandestine. Orbene non solamente queste s’erano fatte più audaci ma era crescente la loro insolenza sopra tutto per il loro numero e l’aggiunta di nuove società”. Continuava il papa, ricordando Leone Magno e rivolgendosi ai potenti: “Devi riconoscere che il potere regio ti è conferito non solo per il governo del mondo, ma soprattutto a difesa della Chiesa”.
Questa specifica necessità di ricordare ai prìncipi il loro ruolo si rendeva necessaria perché ormai, anche tra i regnanti, la Massoneria aveva iniziato a filtrare portando la propria visione liberale e democratica.
Pio IX, attore e spettatore durante i moti liberali, si concentra sulle nuove idee, ritenute violente, che nascono da movimenti sovversivi.
La bolla Qui pluribus del 1846, è diretta a patriarchi, primati, arcivescovi e vescovi. Non menziona direttamente la Massoneria ma si concentra contro quella guerra santa che, a suo dire, è stata mossa contro tutto ciò che di cattolico esiste e resiste nel mondo. La conclusione della bolla, invece, non si distingue molto dalle precedenti. Ancora una volta la Chiesa non va oltre la tesi del potere regio conferito per la difesa della Chiesa, non va oltre l’ordine politico dei contenuti, nemmeno oltre il principio dell’autorità delegata ai prìncipi per grazia divina.
Nel 1865, ancora Pio IX, diffonde la sesta enciclica del nostro racconto: “La Massoneria elegge le ombre a proprio regno la Chiesa invece opera alla Luce della propria predicazione”, dove per ombre intende il male e per luce, ovviamente, il bene. Non manca il rimprovero ai pigri e agli addormentati, responsabili di uffici e incarichi che avevano il dovere di mettere in guardia i fedeli contro il pericolo e l’errore. Fu un tentativo di contrastare una realtà in cui ormai il potere temporale del Vicario di Cristo era stato smascherato.
Il concetto di unità nazionale che si era diffuso in Europa a partire da metà Ottocento aveva favorito, specialmente in Italia, una grande crescita del movimento massonico. Le continue interferenze del Vaticano davano forza alle correnti anticlericali, nonostante la presenza di numerosi cattolici tra i carbonari e i massoni. Lo stesso Giuseppe Garibaldi, massone iscritto al IV grado ed elevato al 33°, eletto alla Gran Maestranza di Palermo, amava mostrarsi come un alfiere dell’anticlericalismo e non avversario del Cattolicesimo. L’eroe dei due mondi non poteva non riportare nello scontro l’irruenza del tribuno e tipica del suo tempo.
La crescita della Massoneria riacutizzò l’ostilità della Chiesa romana, che fece udire nuovamente la propria voce attraverso una nuova bolla, la settima, promulgata dal pontefice Leone XIII nell’aprile del 1884. L’enciclica Humanum genus è forse il documento più esteso e polemico che eleva vibrata protesta contro le spoliazioni subite dalla Chiesa. Vi si preconizza un nefasto futuro per i governi di emanazione massonica; si parla del Regno di Savoia contrapposto a quello di Dio; Satana ha preso le forme del libero pensiero e l’orgogliosa ragione. Proprio Carducci, massone palladico, aveva da poco scritto il suo famoso Inno a Satana.
Il Vaticano non poteva accettare la nuova realtà politica, non poteva non rivendicare i propri diritti dopo la breccia di Porta Pia, evento rivendicato con orgoglio da massoni e liberali, che esigevano dal governo leggi sempre più ostili verso le pretese temporali della Chiesa.
Il papa, che si considerava prigioniero nei palazzi vaticani, a distanza di otto anni, nel 1892, dalla precedente pronunciò l’ottava e ultima condanna. Ancora una volta, è un severo monito con cui si polemizza sugli effetti, deplorevoli per l’Italia intera, della potenza della setta massonica. Leone XIII denunciava le presenze massoniche nel nuovo governo e nel parlamento italiano, denunciò quei provvedimenti attraverso i quali vennero chiusi monasteri e conventi, ai quali peraltro venne negata la personalità giuridica.
Di nuovo, però, si trattava di provvedimenti non strettamente antireligiosi, ma più semplicemente anticlericali. La Massoneria si è sempre limitata a perseguire la separazione del potere religioso da quello politico, ossia l’indipendenza dello Stato dalla Chiesa. Per contro la Chiesa cattolica romana non poteva che opporsi, ispirandosi a concetti universali e alla necessità che fosse lo spirito a governare la materia, e non viceversa. Ma anche la Massoneria ammette che l’universo sia regolato dalla immanenza di una volontà unica, incorruttibile ed eterna.
Peraltro ancora oggi la Chiesa partecipa al governo della cosa pubblica attraverso partiti e uomini che a essa si informano, senza che sia da temersi un ritorno del potere temporale dello Stato vaticano. Gli stessi partiti di ispirazione cattolica sono, di per sé, laici.
Nei secoli la Chiesa, pur salda nei suoi dogmi, ha contribuito alla costruzione della modernità; la Massoneria non ha mai inteso interferire in questioni religiose. Per questo, il conflitto non ha più ragione d’essere.
La scomunica, arcaico strumento a disposizione di un potere temporale oscuro e prevaricatore, è anacronistica e priva di efficacia. Esistono ormai le basi per una migliore e reciproca comprensione.
Di fronte agli incombenti, gravi pericoli per l’umanità e contro i continui attentati alla libertà gli uomini devono necessariamente farsi trovare pronti e uniti.
Papa Giovanni XXIII ha richiamato la distinzione tra errori ed erranti, già contenuta proprio nella bolla Humanus genus del 1884. Il suo pontificato ha sensibilizzato il cattolicesimo sui temi del rinnovamento, riscuotendo un buon successo grazie anche alle sue indiscutibili doti di comunicatore e alla sua sensibilità. Il Concilio Ecumenico Vaticano II indetto nel 1959 e celebrato poi negli anni 1963-1965 ha codificato l’aggiornamento della Chiesa e Paolo VI, successore di Papa Giovanni, ha continuato su questa linea, sia sviluppando i testi conciliari, sia pronunciando l’Enciclica Ecclesiam suam nel 1964, in cui non emerge nessun attacco contro il movimento massonico.
La Chiesa – scrive Paolo VI – si fa messaggio, si fa parola, si fa colloquio. Nessuno le è estraneo, nessuno le è differente per il suo ministero, nessuno le è nemico.
Quanto cammino percorso in lotta e conflitti, quanta identificazione umanistica, quanta disponibilità tollerante, tutto frutto della rinuncia a un autoritarismo temporale che, solo, era la causa discriminante e negatoria di una ideale convivenza in nome del comune obiettivo del progresso civile.
Nel 1974, il Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede ex Sant’Uffizio ha inviato a varie conferenze episcopali una lettera, in cui si ricorda che la scomunica rimaneva strumento valido e colpiva soltanto quelle associazioni che realmente cospirano contro la Chiesa cattolica.
La Massoneria, che difende i propri princìpi non con l’autoritarismo discriminante ma non la difesa del libero pensiero, non può sentirsi in colpa, né minacciata. Né deve sentirsi in colpa quando ascolta e accetta il messaggio ecumenico e giovanneo d’amore, unità e pace; anche e soprattutto perché ne possiede la chiave nel proprio patrimonio carismatico.