Astrologia medievale

Astrologia medievale

Nel Medioevo si distinguono due tipi di astrologia: l’astrologia giudiziaria o previsionale e l’astrologia naturale.
La prima credeva che gli astri potessero determinare eventi e azioni che sulla terra e, quindi, mediante apposite osservazioni e attraverso determinati calcoli, si sarebbe potuto prevedere il futuro.
La seconda si limitava, invece, a studiare le influenze dei corpi celesti sui fenomeni meteorologici e sul corpo umano, particolarmente in ambito medico.
L’astrologia giudiziaria, soprattutto in epoca medievale, venne vietata e, in seguito, tacciata di eresia perché la possibilità di prevedere avvenimenti futuri si scontrava con il libero arbitrio di cui Dio aveva dotato l’uomo.
Questa si componeva di quattro tipi di attività:
le Electiones che cercavano di identificare il momento più opportuno per intraprendere un’attività;
le Interrogationes che erano risposte a domande poste agli astrologi su attività pratiche dell’uomo;
le Genetliache o Oroscopi che erano le arti di predire la vita futura di una persona partendo dai dati ricavabili in relazione alla data della sua nascita;
le Rivoluzioni che presumevano di poter effettuare previsioni su eventi di grande portata per l’umanità.

 

Il termine Giudiziaria legato all’Astrologia entrò in uso a partire dal XII secolo, dopo l’arrivo in Europa dei trattati di astrologi arabi quali Albumasar, Abenragel, Albohali, Ibn Ezra.
Storicamente la divinazione astrologica ebbe origine nell’antica Mesopotamia.
Nella Grecia antica si chiamava Astrologia Genetliaca quella che indagava i temi natali individuali, e Astrologia Apotelesmatica quella che studiava «gli effetti degli astri».
Per Tolomeo l’astronomia era puramente teorica, mentre l’astrologia era pratica.
Per lo stoicismo, soprattutto per Posidonio, l’Universo era guidato rapporti mediante i quali il Logos determinava la sorte degli uomini.
Plotino non accettava, invece, che gli astri potessero determinare alcunché nella vita degli uomini, concedendo che potessero fornire elementi in grado semplicemente di descrivere il futuro.
Nel corso del regno dell’imperatore Tiberio, il poeta Manilio compose l’Astronomica, di stampo stoico. Ad altri autori stoici o studiosi dello stoicismo di epoca latina, quali Seneca con le Naturales Quaestiones, o Cicerone, con i suoi De Natura Deorum, De Divinatione e De Fato, si deve la trasmissione delle notizie sull’astrologia all’epoca medievale. L’opera astrologica più importante dell’antichità, il Tetrabiblos di Claudio Tolomeo scritta nel II sec. d.C. in greco, giunse, però, agli studiosi europei solo nel XII sec., insieme alla traduzione dell’Almagesto. A Tolomeo si era, comunque, ispirato Firmico Materno quando, nel IV sec. d.C., aveva scritto il Matheseos Libri I

Nel Tetrabiblos di Tolomeo la dottrina degli astri aveva due aspetti, descrittivo (astronomia) e divinatorio (astrologia) entrambi orientati alla divinazione.
Isidoro di Siviglia, nel terzo libro delle Etymologiae, non poté, però, esimersi dal considerare la condanna delle diverse forme di divinazione pagana da parte della Chiesa.
Il Cristianesimo dava, infatti, grande importanza alla libertà individuale allo scopo di meritare la salvezza. Per tale motivo l'astrologia predittiva, arrivando a giustificare gli istinti dell’uomo, lo avrebbe portato a non volerle combattere.
L’astronomia descrittiva entrò, quindi, a far parte delle arti liberali e venne praticata liberamente per tutto il periodo medievale, mentre quella predittiva, nel primo periodo, rimase diffusa negli strati sociali più bassi.
La distinzione operata da Isidoro che definiva superstitio (eccesso, frivolezza) l’astrologia divinatoria, rimase fondamentale fino al XII sec.
Altro avvenne, invece, a Bisanzio, sia per la sopravvivenza della trattatistica greca che per il sostegno che l’astrologia ebbe anche da parte di personaggi importanti, quali Manuele Comneno.

Nella civiltà islamica poi, a causa delle forti influenze orientali, lo studio degli astri e delle loro influenze sulla vita degli uomini ebbe un grande sviluppo.
Abu-Ma‘shar (Albumasar) scrisse la sua Grande Introduzione all’Astronomia nel IX sec.. Questa ebbe, nel XII sec., due traduzioni latine: il Liber Maioris Introductorii ad Scientiam Judiciorum Astrorum di Giovanni di Siviglia e la Introductorium Maius in Astronomiam di Ermanno di Carinzia.
Caratteristica della maggior parte degli astronomi arabi fu il mantenere connessi l’aspetto descrittivo e quello divinatorio, considerando quest’ultimo in relazione con la cosmologia aristotelica attraverso il principio di dipendenza di tutti i moti dal Primo Motore. Il ruolo di mediatori che avevano gli astri secondo tale tipo di lettura, pose le basi per dare all’astrologia un fondamento scientifico e portarla all’interno del sistema scolastico.

Alberto Magno, nel suo Speculum Astronomie, spiega: “Sotto il nome di astronomia sono comprese due grandi sapienze”: la prima, designa la parte descrittiva; “La seconda grande sapienza che è denominata ugualmente astronomia è la scienza dei giudizi degli astri, che costituisce il raccordo fra la filosofia naturale e la metafisica”.
Nel terzo capitolo dell’opera viene esposta la tradizione della Scientia Iudiciorum Astrorum e la sua suddivisione in due parti: la prima concerne i principi; la seconda è, a sua volta composta di quattro parti: rivoluzioni, oroscopi, interrogazioni, elezioni.
Non era certamente bene accetto il carattere fatalista dell’Astronomia Giudiziaria e autori come Alberto Magno cercarono, quindi, di ravvisare in essa una convergenza tra filosofia naturale e metafisica.
Lo Speculum Astronomiae introduce in Europa la filosofia dell’alchimia islamica, ma non risolve il problema della salvaguardia della libertà dell’uomo in un sistema che vuole ogni evento determinato dagli astri.
Cercando di rimanere aderente alle concezioni astrologiche arabe Alberto Magno giunge alla conclusione che l’Astrologia perfezioni la libertà umana, fornendo segni che aiutano a compiere scelte sagge.
Rimane aperta, però, la questione della libertà di scelta dell’uomo se si considerano le previsioni come certamente destinate ad accadere.
La soluzione che viene trovata è quella di intendere le configurazioni astrali come segni del piano di Dio, riportando il problema al rapporto fra libertà umana e piano divino.
In tal senso si espresse Marsilio Ficino nella Disputatio contra Iudicium Astrologorum, condannando la parte più estrema dell'astrologia giudiziaria ma ammettendo la possibilità che fosse possibile giungere ad ottenere delle profezie per intervento della Provvidenza, inserendole in un contesto generale articolato e non, quindi, a mero scopo fatalistico.
Gli oroscopi personali comportavano, secondo tale costruzione, una lettura della personalità che metteva in luce pregi e difetti.
Tommaso d’Aquino si mosse anche nella direzione di salvaguardare l’astronomia dandole dignità di indirizzo e non di costrizione, affermando che non l’anima ma solo il corpo umano è influenzato dagli astri, che lo possono traviare ma non costringere.
In ambito ecclesiastico e teologico, però, questi argomenti non vennero accolti.
Nicola Oresme, ad esempio, si pose in maniera ostativa verso l’astrologia nel suo Contra Judiciarios Astronomos e lo stesso fece Thomas Bradwardine.
Questo non impedì il fiorire di una tradizione di astrologi colti come Michele Scoto, astrologo alla corte di Federico II, Cecco d’Ascoli, autore de L’Acerba, Pietro d’Abano, che scrisse l’Elucidator Dubitabilium Astronomiae e il Conciliator.
L’astrologia ebbe, in questo contesto, successo a corte e, contrariamente ad alchimia e magia, ottenne di venire insegnata nelle Università sin dalla metà del Trecento.
Nelle facoltà di arti l'insegnamento era fondato sulle sette arti liberali.
A seguito della riscoperta dell’opera di Aristotele e della scienza greco-araba, venne introdotto anche lo studio della filosofia naturale, che andò ad arricchire le arti del quadrivio.
Non è chiaro il ruolo delle scienze esatte nel curriculum universitario: certamente prevalevano aritmetica e geometria, il cui studio era, però, soprattutto in funzione di un’applicazione pratica.
L'astronomia includeva certamente l'astrologia. I sistemi cosmologici prevalenti erano quello aristotelico del De Coelo, della Fisica, della Metafisica e dei Meteorologica, e quello tolemaico, delle Ipotesi sui Pianeti, dell'Almagesto e del Tetrabiblos.
Lo studio delle stelle legava fra loro la scientia motuum e la scientia iudiciorum, comportando l’accettazione dell’astrologia anche all'interno del cristianesimo, soprattutto attraverso il, già visto, contributo di Alberto Magno.
Il suo legame con lo studio delle cause e la cura delle malattie portò, inoltre, ad applicare l’astrologia alla medicina. Secondo Pietro d'Abano (1250-1316), - insegnante di medicina e filosofia a Padova - la logica, la filosofia naturale e l'astrologia erano strumenti indispensabili per la medicina. Lo stesso affermava Cecco d'Ascoli rifacendosi ad un’affermazione di Ipparco per il quale un medico senza astrologia è "quasi oculus qui non est in potentia ad operationem", rendendo indispensabile conoscere natura e congiunzioni astrali per avere cognizione della malattia

Come conseguenza l'astrologia si diffuse anche al di fuori degli ambienti universitari.
L’assenza di un controllo scientifico la portò, però, a divenire autonoma e separata dall'astronomia matematica.
Il suo legame con la medicina ne comportò, peraltro, come visto notevole apprezzamento presso le corti, ove divenne indispensabile per l’attività di governo.
Federico II o Ezzelino da Romano, ad esempio, erano convinti che la vita individuale e sociale fosse governata dalle armonie celesti.
Federico II lasciò un’ampia raccolta di astrolabi e strumenti astronomici, usati dai suoi astrologi per ottenere quei responsi ritenuti fondamentali per la politica e la salute.
Episodio noto che lo riguarda fu il consulto prima delle nozze combinate con Isabella di Inghilterra. Gli accordi prematrimoniali furono preceduti da una sua lettera che esponeva la necessità di procedere a quell’unione perché in armonia con la natura.
Lo stesso Rolando da Cremona (ca. 1178-1259), maestro di Teologia alla corte federiciana, era favorevole allo studio degli astri in rapporto all'armonia dell'universo.
Michele Scoto, guida scientifica alla corte di Federico dal 1227, compose il Liber Introductorius, un’introduzione all'astrologia che fu il fondamento del pensiero astrologico dell'epoca. Questo testo pone l’astrologia dietro alla sola teologia in quanto a dignità e utilità. Secondo Scoto la configurazione degli astri è effetto della volontà di Dio, il quale può intervenire in qualsiasi momento per modificare il corso dei moti celesti, interferendo così con i responsi dell'astrologo.

Giungiamo, così, al termine dell’epoca medievale e inizia lo scontro fra astrologia e teologia.
Nel 1414 il Cardinale Pietro d’Ailly, nel suo Vigintiloquium de Concordantia Astronomicae Veritatis cum Theologia, analizza in maniera completa i problemi che l’astrologia sollevava in ambito teologico sulla base della scolastica.
Da questi, attraverso altri scritti ed autori, si giunge al trattato di Giovanni Pico della Mirandola, Disputationes Adversus Astrologiam Divinatricem del 1484, che designa come negativa l’assenza di autodeterminazione che comporta il seguire l’Astrologia Giudiziaria.
Giordano Bruno interpretò l’astrologia in senso neoplatonico, cioè allo scopo di giungere a previsioni di grandi eventi collettivi, ma ben sappiamo che fine fece il filosofo.
Nel 1586 Papa Sisto V, ponendo fine alla disputa, emanò la bolla Coeli et Terrae Creator la quale vietava l’uso dell’Astrologia Giudiziaria.
Ma ci troviamo qui già in pieno rinascimento.

A. R.

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