(…)“In principio era buio, e buio fia. Hai tu veduto” [Luigi Pulci, 1475]
(…) “e fin quando non avrai la saggezza, muori per divenire, sarai soltanto un triste ospite su questa terra oscura” [Johann Gottfried Herder]
(...) “Scava nella tua interiorità; dentro di te sta la fonte del bene, che potrà zampillare sempre più in su, qualora tu proceda in questo lavoro di scavo” [Marco Aurelio, Colloqui con sé stesso, 121 – 180 d.C.]
(…) “In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo, non può vedere il regno di Dio” [La Sacra Bibbia, Giovanni 3, 3-10]
…non potrà vedere la Luce.
In principio era buio, confinato in un luogo dipinto di nero, era scuro...era terra scura tutto intorno, era terra fertile per accogliere, ma io non lo sapevo... io affondavo: troppi metalli portavo meco, di troppi libri altrui era carica la mia schiena, troppo veloce era il mio incedere, troppo chiara era la mia meta e per questo troppo distratto era il mio sguardo.
…e io affondavo, e la terra mi accoglieva, ma io non lo sapevo. Di fianco a me solo una bara, più lontano uno scheletro che mi faceva da specchio, quasi un alter ego del mio prossimo futuro, pensai, e c’era una falce, brutale, a conferma del mio destino caduco come le mie ambizioni, ma io non lo sapevo.
…e io affondavo perché non vedevo. Sentivo solo la clessidra, arbitro imperturbabile dello scorrere del mio tempo, ma non sapevo, invece, che mi stava ricordando la precarietà della vita umana. Li vicino, su un occulto desco, c’era un teschio: “ero come sei, sono come sarai” mi diceva...ma io non sentivo, vedevo solo buio tutto intorno col mio sguardo distratto.
...e io affondavo, sempre di più... ormai la terra mi inghiottiva, e con me inghiottiva i miei metalli, i miei libri di altri ed arrestava il mio incedere già indirizzato... e così mi ritrovai spogliato. Spogliato di ogni mio “avere”, spogliato delle mie certezze mutuate da altri, spogliato di tutto.
Ero nudo. Ero nudo nella terra nuda. Per la prima volta veramente nudo. Ero nero, ero buio e il buio era tutto intorno me, e io non vedevo. Per la prima volta questo non mi preoccupava. Non mi preoccupava la rinuncia agli averi, inghiottiti dalla terra, non mi inquietava la discesa nel buio ed oltre; anzi, nudo mi sentivo leggero. La clessidra non mi faceva più paura e non mi sentivo più estraneo allo scheletro di fronte a me, come lui spogliato da ogni metallo e da ogni “peso”.
“Sono quel che Sarò’” scrissi nel mio “Testamento” e chiusi gli occhi. La nera terra mi accolse.
Calore…
Calore di un Fuoco…
“CHICCHIRICCHIII…” sentii annunciare il Gallo : “…la notte è finita”.
E così mi risvegliai; e con me anche le forze che pensavo assopite. E così, per la prima volta, aprii gli occhi.
E questa volta vidi. Vidi non più buio, ma una lieve luce, che una candela diffondeva tutt’intorno. Ed ebbi fame, ma pane ed acqua bastarono a saziare il mio corpo, ma pane ed acqua bastarono a colmare il mio spirito.
E vidi non più buio, ma una luce decisa che una candela diffondeva. Sentii l’Aria, un flebile zefiro socchiuse la porta che prima pensavo chiusa… Una porta che, come luogo di Hermes, dio dei cambiamenti di stato, mi permetteva di vedere oltre: oltre la materia, oltre al mio campo di conoscenza; mi permetteva di comprendere un “oltre” diverso da me e questa conoscenza mi fece apprendere che tale porta aprirsi non potrà se prima in me la trasformazione dell’interiore non avverrà.
E vidi non più buio, ma una luce intensa che la candela diffondeva intorno a me. Vidi la terra: non più terra nera dell’intorno, ma terra feconda, carica di incontaminata sabbia, purificata dall’Acqua, sulla quale i miei passi incedono lievi; terra di zolfo sulla quale il mio viaggio si carica d’energia e m’infonde ardore dalla parte più profonda del mio io interiore; vidi terra bianca di sale che al mio cammino consente di crescere saggiamente e l’equilibrio mantenere, donando solidità al mio percorso ed al mio essere.
E così vidi, vidi che il buio altro non è che la Luce che non c’è. E così vidi che la candela non era più, ma Luce fu.
Tommaso I. Berisi