Storia del violino

Storia del violino

Nulla più che osservare strumenti musicali può suscitare una tacita ammirazione che dia libero sfogo alla fantasia. 

Oggetti inanimati rivivono improvvisamente e danno vita a dedicate e fragorose armonie; armonie che questi meravigliosi arnesi per fare musica hanno in sé e che solo sotto abili mani si concretizzano per dissolversi istantaneamente nel nulla, quasi per magia.

L’origine degli strumenti musicali si perde nella notte dei tempi, si confonde con l'origine stessa della vita, perché la musica è vita, è l’espressione primigenia dell'uomo, è un qualcosa che l'accompagna in ogni istante, sottolinea i momenti gioiosi e i momenti tristi. Per ogni istante o per ogni aspetto della vita si può trovare una musica adatta che lo sottolinei e lo esalti. Per ritrovare l'origine degli strumenti, e nella fattispecie del violino, scomodiamo anche il dio Apollo, che trovato sulle luminose spiagge del Mar Egeo un guscio vuoto di tartaruga, dopo aver teso su di esso dei visceri ritorti ne trasse dei suoni armoniosi accompagnando il suo canto. È questa la forma più antica di strumento musicale a corda, la cetra, munita allora come oggi di una cassa di risonanza (il guscio) e di una parte generatrice del suono (le corde di minugia).

Attraverso i millenni questo elementare strumento, che ancora oggi si trova tra i popoli primitivi del Pacifico, si è trasformato, affinato e modificato sino a raggiungere la perfezione e la bellezza del violino moderno. Diciamo bellezza perché chiunque osservi un violino non può fare a meno di considerare questo strumento come una vera opera d'arte intesa come espressione della mano geniale del liutaio.
Osservare un quadro di un grande pittore o ammirare uno Stradivari può comunque dare la sensazione di trovarsi di fronte al frutto del genio umano, alla sintesi della cultura e della tradizione di un popolo.

I primi violini appaiono, nella forma e consistenza tecnico-fisica attuale, attorno al 1600 e storici e liutologi discutono tuttora a chi dare il diritto di progenitore: se a Gasparo da Salò o a Maggini da Brescia oppure ad Andrea Amati di Cremona. La disputa si è sviluppata pure per stabilire se il violino sia nato per derivazione da forme strumentali precedenti oppure se sia stato ideato ex novo per disegno razionale e quasi per folgorazione di ingegno dal celebre matematico Nicolò Tartaglia. Comunque pensiamo, non a torto, che poiché è certo che naturan non facit saltus, lo strumento attuale sia in effetti il frutto dell'elaborazione di molti liutai che, modificando lentamente, nel corso del tempo, i vari strumenti, ne affinarono le forme e si ingegnarono per ampliarne sempre di più la voce (non dobbiamo dimenticare che i suoni che si potevano creare allora erano solo suoni naturali) e ne adattarono sia il timbro sia la forma alle esigenze dei musicisti.

Il violino è il grande protagonista della musica strumentale fin dalla nascita di questa e questo piccolo strumento sarà il prepotente protagonista di tutta la musica sino ai giorni nostri.
Gli elementi che compongono il violino sono quanto di più essenziale e scarno si possa immaginare. Niente complicati sistemi meccanici, voluminosi apparati tecnici, lussuose decorazioni esteriori. Solo una cassa armonica di curvo, lucido legno, un archetto e quattro corde. All'essenzialità della meccanica corrisponde quella del suono, che è nitido, sensibile e duttile, quasi un'emanazione diretta, più che un tramite, della sensibilità dell'artista che lo imbraccia.

Ma al di là dell'aspetto esterno c'è una serie infinita di sfumature invisibili che fanno di questo strumento uno dei mezzi più perfetti creati dall'uomo per esprimere se stesso con la musica. Un solo millimetro di legno in più o in meno o una minima variante nella vernice bastano ad alterare la qualità del suono, quindi le facoltà espressive di questo protagonista della musica. La sua origine lontana è da ricercarsi in Oriente perché l'arco, elemento essenziale nel violino, è sicuramente di origine orientale. Un curioso particolare sarebbe sufficiente a indicare nell'Asia la patria dell’arco. Per la costruzione di questo importantissimo accessorio del violino sono indispensabili i crini di cavallo, animale già domestico in Asia quando in Europa ancora non lo si conosceva. Per permettere il miglior gioco possibile all'arco è necessario che la larghezza della cassa armonica, nella zona in cui l'arco sfrega le corde, sia minima, pur senza sacrificare le dimensioni totali della cassa, perchè altrimenti la sonorità ne risulterebbe ridotta. Ma non è certo facile realizzare una forma simile utilizzando un unico pezzo di legno da intagliare.
Si affermò così la forma a due tavole sovrapposte e distanziate da una fascia. Forma che, presentando una certa semplicità costruttiva, offrì la possibilità di ridurre la larghezza della cassa armonica nella zona in cui l'arco sfrega le corde, senza sacrificare le dimensioni totali e conservando quindi intatta la sonorità dello strumento. In un affresco di Giulio Romano, artista del 1500, si vede uno strumento che sembra essere un violino. Non è facile accertare se questa sia veramente la prima raffigurazione del nuovo strumento, ma è comunque interessante notare il ruolo di protagonista che l'Italia ebbe nella storia del violino. Il fatto sorprende se si pensa che l’Italia fu forse tra gli ultimi paesi d'Europa a conoscere gli strumenti ad arco. Ma è ben comprensibile quando si pensa allo straordinario sviluppo dell'artigianato nell'Italia rinascimentale. È nel 500 che cominciano a moltiplicarsi le botteghe artigiane specializzate dapprima nella costruzione del liuto, lo strumento principe del secolo XVI e poi della viola; in queste botteghe, diffuse nell'Alta Italia e più precisamente in Lombardia, Emilia e Veneto, si incontrano sovente lavoranti tedeschi o alto-atesini che vantano una più lunga tradizione nella costruzione degli strumenti ad arco.
Quando il violino nasce o sta per nascere, le botteghe dei liutai di Bologna, Mantova, Milano, Brescia, Bolzano e Cremona sono ormai mature per realizzare strumenti perfetti, così che in pochi anni l'artigianato italiano dominerà i mercati di tutta Europa.

È complicato precisare i motivi di questa fioritura localizzata in un zona tanto ristretta. Probabilmente sul fenomeno influì la vicinanza delle Alpi meridionali (i loro pini, soprattutto quelli della zona orientale, si dimostrarono adattissimi per fornire il legname).
E forse anche la vicinanza con Venezia, porto aperto verso l'Oriente, che permetteva un costante rifornimento di legno di acero dalla Boemia e dalla Dalmazia, e di resine e di ambre per le vernici da molte regioni asiatiche.
È interessante a questo punto vedere come è costruito un violino e lo vedremo analizzando in ogni parte gli elementi che lo compongo.

L'elemento più importante è la cassa. Si tratta di un corpo vuoto di forma ovale, in alto e in basso leggermente arcuato, che consta del coperchio, del fondo e delle parti laterali dette fasce.
Il coperchio, nel mezzo, ha incise due aperture di risonanza in forma di effe. Al sommo del corpo vi è il manico che porta la cassetta dei bischeri e finisce con la testa che per lo più sbocca in una chiocciola o riccio. Il manico porta incollata la tastiera sulla quale sono tese le corde. Nella parte inferiore del corpo esse sono assicurate alla cordiera e corrono sul sottile ponticello leggiadramente scolpito che si trova nel mezzo fra i fori armonici.
Il fondo del corpo, che in dimensione e forma corrisponde esattamente al coperchio, è nella sua metà superiore più stretto che nell'inferiore, e in ambedue i lati è intagliato nella forma di un C latino. Il fondo non è piano; esso è scavato con la sgorbia e con una piccola pialla rotonda da una tavola piuttosto grossa e in modo che risulti di forma convessa all’esterno e all’interno concava.
Dai lati degrada, così che, verso l'orlo, si forma una incavatura detta scanalatura.

Generalmente il fondo non è fatto di un pezzo unico di legno, ma di due parti uguali incollate nel senso della lunghezza. Il punto di separazione si dice giuntura. Nei buoni violini il fondo è di legno d'acero. Il coperchio, invece, detto anche piano armonico, è di legno di pino o di abete. Consta di due parti: in alto e in basso presenta due incisioni di cui la superiore serve per assicurare il manico, mentre nell'inferiore si assicura la cordiera.
Anche il piano armonico è arcuato e questo esercita una forte azione sul suono. Un arco alto dà un suono limpido ma poco intenso, mentre un arco di altezza media fa risuonare il violino più vigorosamente. Nel punto più alto della volta del piano armonico si trova il ponticello.

Le parti laterali del corpo, le fasce, sono composte di sottilissimo legno d’acero. Per conseguenza con una semplice incollatura non potrebbero garantire una compressione sufficiente del fondo e del piano armonico.
Hanno così diversi rinforzi interni, tra cui alcune striscioline chiamate controfasce con le quali si ottiene una connessione durevole ed ermetica fra fondo e coperchio.
Inoltre negli angoli del contorno le fasce sono sostenute da blocchetti di legno molto leggero per la massima parte di tiglio o di salice detti zocchetti. Tali blocchetti devono essere molto accuratamente incastrati negli angoli: per questo essi vi penetrano con un cono appuntito, mentre la base del corpo è mantenuta piattissima: in tal modo l'interno ricorda la forma della chitarra.
Anche negli incavi al termine superiore e inferiore del piano armonico sono fissati due altri blocchetti chiamati zocchetto superiore e zocchetto inferiore.
Quello inferiore deve essere particolarmente forte perché suo compito è di impedire che le estremità delle fasce convergenti si spostino e inoltre che il violino in questo punto ceda, perché qui il coperchio ha il punto della massima tensione e le corde devono resistere alla pressione e al movimento.
Lo zocchetto superiore non è meno importante perché ha il compito di sostenere il manico.
Nell'orlo del coperchio e del fondo il liutaio incide tre piccole scanalature nelle quali inserisce sottilissime striscioline di acero o di ebano che sono dette filetti. Una parte molto importante nella costruzione del violino è sostenuta dalla catena, una sottile striscia di legno di pino, accuratamente scelta e collocata che ha almeno due terzi della lunghezza del corpo. Di sotto al piede sinistro del ponticello la catena viene incastrata nella fascia interna del coperchio, leggermente di sghembo verso la connessura del coperchio, mentre il lembo superiore è perfettamente adattato alla volta del coperchio.
Il suo compito consiste in questo: dividere la tensione propria del coperchio e ripartire e uniformare le vibrazioni dello stesso su tutta la sua lunghezza.
Dapprima le catene furono tenute corte, strette e basse come le troviamo ancora in antichi strumenti, ma l'esperienza di abili restauratori ha dimostrato che una catena più lunga, un poco più alta e con più larga base, esercita un'influenza oltremodo favorevole sulla bellezza e la pienezza dei suoni.
È pertanto da osservare che nessuna catena adempie al suo compito nella stessa misura. Molte osservazioni, specie su strumenti antichi, dimostrano che ogni catena dopo circa venti anni ha compiuto il suo tempo.
Cosa d'altronde facile da capire, poiché è assai naturale che la tensione della catena, e con essa anche quella del coperchio, sparisca con gli anni. Ne consegue un rilassamento dei suoni che diventano meno forti e meno limpidi.
La messa in opera di una nuova catena è un lavoro difficile che non ogni liutaio sa fare.

Di ancora maggiore importanza per la formazione dei suoni è l'anima del violino: un piccolo bastoncino cilindrico di legno di pino che a qualche millimetro dal piede destro del ponticello viene serrato fra il coperchio ed il fondo.
Il termine anima è meritato da questo modesto pezzetto di legno perché esso conferisce al suono lo sfavillante splendore e la possente pienezza che rendono tale strumento ad arco veramente animato quando è nelle mani di un maestro.
Come pezzo di collegamento fra il fondo e il coperchio, l'anima comunica al fondo che, essendo di legno duro, non vibra da sé, le vibrazioni del coperchio. Un violino senz'anima risuonerebbe muto e sordo e il suono non sarebbe espansivo.
Le dimensioni sono condizionate alla natura degli strumenti: di solito nei violini ha un diametro di sei millimetri e la posizione è fondamentale per il carattere del suono e per il tono.

Altro elemento costitutivo del violino è il manico con la tastiera e la cassetta dei bischeri. La sua lunghezza è proporzionale alla lunghezza del corpo dello strumento e la sua giusta sezione è fondamentale per una corretta esecuzione. Un buon manico di un buon violino non deve mai avere la “falsa misura” per evitare che il violinista perda il senso della corretta digitazione. Solo un liutaio esperto è in grado di trovare la giusta via di mezzo che è poi quella che distingue l'opera d'arte dalle altre. Sul manico è fissata la tastiera di solito ricavata da un compatto tronco di nero ebano. La sua posizione e la relativa forma sono per il tocco e quindi la qualità del suono di grande importanza. La tastiera deve essere leggermente cava per evitare il rumore del battito delle corde.
Ovviamente anche alle corde va data la giusta importanza. Una serie di corde di non buona qualità può falsare il suono anche di un eccellente strumento.
Al termine superiore della tastiera è posto il capotasto con 4 tacche nelle quali poggiano le corde. Di qui parte la cassetta dei bischeri o cavigliere. Ha 4 fori trasversi nei quali sono sistemati i bischeri o piroli che servono alla tensione delle corde. I piroli sono per lo più di ebano o di bosso e la loro conicità opportunamente accoppiata a quella dei fori è determinante per la tenuta dell'accordatura.
La cassetta termina con il riccio o chiocciola al cui posto si metteva anche una testina scolpita. Il riccio è assai sovente la vera firma del liutaio, e da esso si può quasi sempre risalire con certezza all'autore dello strumento o perlomeno alla scuola cui il violino appartiene. Le corde, assicurate ai piroli, passano sul ponticello per andare alla cordiera fissata al bottone sulla parte inferiore del corpo dello strumento tramite la braghetta.

Ogni liutaio, per far riconoscere in modo inequivocabile il frutto del suo lavoro, applica all'interno dello strumento sul fondo in corrispondenza della catena, sotto l'effe di destra in modo che sia ben visibile, un'etichetta che riporta il nome dell'autore, sovente il marchio, e l'anno di costruzione. Ci sono innumerevoli etichette falsificate per cui, ai fini della valutazione dell’autenticità di un violino, oggi non hanno più nessun valore.
In epoche relativamente recenti liutai vari sono ricorsi ai marchi a fuoco per impedire possibilità di falsi ai loro danni.

La descrizione dello strumento è così completata. Resterebbe da parlare ancora della scelta del legname, della fabbricazione delle vernici e dei principali liutai che con la loro possente personalità crearono strumenti che, a distanza di tre secoli, sono vivi e mirabili testimoni di una gloria italica.
È interessante seguire un liutaio nella ricerca del legname. Prima stabilisce il modello che vuole realizzare e, in funzione di questo, sceglie tra miriadi di tavole di legno la fornitura per la fabbricazione del suo capolavoro.
La stagionatura naturale, il colore, la forma e l’inclinazione delle venature o fiamma sono gli elementi fondamentali della scelta.
Le misure medie di un violino (Stradivari 1713) sono: lunghezza cassa cm 35,5; larghezza superiore cm 16,5; larghezza inferiore cm 29,6; larghezza fra gli incavi laterali cm 10,9; altezza delle fasce cm 3 nella parte superiore e cm 3,1 in quella inferiore; lunghezza del manico cm 13; tastiera cm 26.

Importanza fondamentale ha, nella liuteria, la vernice, che preserva lo strumento dalle ingiurie del tempo e influisce sulla qualità del suono. La vernice migliore è quella ad olio, lenta ad essiccarsi ma molto superiore a quella a spirito, che è poco elastica e col tempo facilmente si scaglia. Le vernici moderne sono in gomma e contengono resina, ma riescono in genere troppo aderenti e impediscono al legno di vibrare liberamente.
I liutai del passato hanno sempre tenuto segretissimo il loro modo di preparare la vernice, ritenendola un elemento decisivo per la buona riuscita degli strumenti.
Il colore varia da un leggero ambrato a un giallo pallido a un bruno rossiccio e costituisce spesso un elemento importante per determinare l'autore dello strumento.

La bellezza del timbro e la sonorità di un violino aumentano con l’età e questo è dovuto da una parte al fatto che col tempo aumenta la stagionatura dello strumento e dall'altra al fatto che le fibre del legno si orientano, quando lo strumento è molto suonato, in modo da facilitare la vibrazione e l'emissione del suono.
L'estensione abituale del violino, che è accordato sol2/re3/la3/mi4 va dal sol2 al sol6, che può considerarsi l'estremo limite nell’acuto del violino d'orchestra.
La nota più acuta producibile è il do7, che richiede la 16a posizione.

Accenniamo ai grandi liutai rimandando ad un altro studio un’accurata trattazione di questi celebri artisti. Gasparo da Salò fu praticamente il primo realizzatore del violino nella forma attuale, seguito dagli Amati che appiattirono il fondo e definirono i contorni della cassa. Con Stradivari (1649-1737), allievo di Nicolò Amati, il violino raggiunse la perfezione, con un insuperato equilibrio delle proporzioni, potenza e omogeneità di suono. Più nessuno, dopo di lui, riuscì a realizzare strumenti di quella levatura. Molti lo imitarono, scomposero i suoi strumenti, analizzarono le sue vernici, falsificarono le sue etichette, ma la lucentezza serica, la purezza di linea e la morbida potente voce dello Stradivari resta unica, certa testimonianza del legame spirituale che unisce gli artisti; della linea ideale che pone sullo stesso piano l'espressione della mente umana in qualunque settore essa si manifesti.

Delta on-line

Delta on-line, erede della storica pubblicazione, ha lo scopo di comunicare più agevolmente e ad un maggior numero di lettori articoli di cultura massonica.

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