I concetti di Solidarietà e Reato sono di difficile accostamento e prestano entrambi il fianco a interpretazioni che possono essere non solo soggettive e qui, entrando nella sfera personale, diventa difficile poter essere obiettivi, ma direttamente e indirettamente correlate al posizionamento geografico, alla storia e al substrato sociale e culturale.
Se potessimo in qualche modo anche solo percepire cosa prova un immigrato che si affaccia alle coste del Mediterraneo, se solo potessimo vagamente immaginare quali potrebbero essere le sue aspettative, se potessimo cogliere cosa sarebbe disposto a fare per raggiungere il suo obiettivo, allora non avremmo bisogno di scrivere queste riflessioni che, in ogni caso, risulterebbero parziali e sicuramente soggettive.
Allora credo sia più corretto, anche dal punto di vista linguistico, cambiare metodo espressivo ossia, passare dal plurale, che implicitamente presuppone una mia profonda conoscenza del problema sotto un profilo sociale e culturale inoltre basato su profonde conoscenze storiche che non sono il mio terreno ideale, al singolare, ovvero semplicemente cercare di cogliere quanto nel profondo del mio essere possano essere i segnali che il mio Se interiore mi comunica.
I parametri che ho a disposizione per questa analisi passano dal mio vissuto, ovvero dalle mie esperienze personali che hanno maturato dei valori etici, comportamentali e relazionali, ed è appunto di relazione di cui desidero parlare.
Un’analisi assolutamente imparziale fatta di numeri, dati storici, risultati demografici e valutazioni sullo spostamento di grandi masse migratorie, non solo presenti, ma anche passate e con proiezioni verso il futuro, sono di sicuro interesse e possono fornire elementi importanti, che però io non sono in grado di cogliere nella loro interezza e complessità, inoltre percorrono strade diverse da quelle che vorrei tentare di percorrere io.
Certo è un percorso personale o quantomeno scarsamente condiviso o condivisibile, perché tenta di passare attraverso sentimenti e valori comuni, e per comuni intendo Universali, su tutti: la mia condizione di Essere umano, con una Coscienza e un’Etica.
Perché questo percorso risulta difficile? Perché non cerca consensi e contemporaneamente è attaccabile sotto ogni profilo e quindi di difficile comprensione e diffusione.
Si tratta di tentare di scendere dentro noi stessi, esercizio che per noi Iniziati dovrebbe risultare, se non semplice, quanto meno conosciuto e con grande Umiltà, iniziare a cercare… cercare… e ancora cercare. Ma cercare cosa: risposte? No, non è compito del Massone fornire risposte. Dare buoni consigli? Certamente no. Forse la strada giusta è quella di essere di esempio quali instancabili viaggiatori alla ricerca della propria Coscienza.
Mille volte, nel parlare quotidiano noi ci esprimiamo dicendo “in coscienza sono sereno di ciò che ho fatto”, “in coscienza ritengo di aver agito per il meglio”… Interroghiamoci su cosa intendiamo con queste espressioni. Io cerco di mantenermi coerente con ciò che di più profondo alberga in me, il mio Se interiore, ciò che sono io veramente nell’antro più oscuro e profondo.
Ecco che allora compare un nuovo termine che va analizzato, ma forse più correttamente, contemplato: Coerenza.
Facile è ergersi costantemente a giudici di ogni situazione, soprattutto tanto più severamente e in modo intransigente, quanto più è lontano l’evento, non solo fisicamente, ma anche come elemento esperienziale ed esistenziale.
Posso io, Uomo nato in Europa, in Italia, nella seconda metà del Novecento, comprendere cosa sia la vera povertà e la paura della guerra? Posso vagamente comprendere un mondo che vedo solo attraverso delle immagini riportate attraverso un video e presentate da mass media sui quali si potrebbero avanzare ogni sorta di dubbio?
La risposta potrebbe risultare semplice e pleonastica, ma come Massone costantemente divorato dai dubbi dai quali cerco di trarre costante insegnamento, preferisco ancora prendere tempo e meditare.
È possibile che in quanto Uomo, appartenente quindi all’Umanità, possa essere in grado di immaginare ogni sorta di meraviglia, ma anche ogni sorta di bassezza e il fatto stesso che io possa immaginarla è perché in effetti può esistere e accadere e non risulta certo che ciò che io non posso sperimentare o vedere di per sé stesso non possa esistere o accadere.
A questo punto bisogna che mi interroghi su cosa si intende per Solidarietà.
La Solidarietà può essere un sentimento, un valore etico, uno scopo, ma potrebbe essere anche un’opportunità di conoscenza, un’occasione di confronto.
Conoscenza e Confronto, in maiuscolo perché intesi come valori, richiedono però di essere accompagnati da Umiltà e Coerenza, da Rispetto e Tolleranza e per quest’ultima vorrei fosse intesa come valore etico attraverso la Saggezza dell’Iniziato. Solo nel caso in cui tutti questi principi a noi ben noti, riescono a fondersi in un Athanor il cui Sacro Fuoco è l’Amore, allora e solo allora potremo parlare di vera Solidarietà.
Ma la Solidarietà può diventare un reato? E se la risposta è affermativa quando e secondo quali modalità?
La definizione giuridica di reato è: “Comportamento cui il legislatore ricollega una sanzione penale, a causa dell'aggressione recata ad un bene giuridico meritevole di tutela” o ancora “Fatto commesso in violazione di una norma penale per il quale l’ordinamento giuridico prevede una sanzione penale”.
Ovviamente ineccepibile alla luce di una valutazione giuridico-sociale, ma quando si entra in una sfera diversa, quella dell’Iniziato, trovo difficile definire o assimilare “un bene giuridico meritevole di tutela” oppure “una violazione di una norma penale”, la Solidarietà, a maggior ragione definita secondo i parametri sopraesposti.
Quindi, quando si può parlare di reato in ambito etico o quando i valori di riferimento e fondanti sono Libertà, Uguaglianza e Fratellanza?
La risposta che sorge spontanea ed istintiva credo sia: mai, invece, per come deve essere l’approccio ad ogni cosa, bisogna analizzare la posizione sotto molteplici aspetti e sotto diversi punti di vista.
Già nei primi passi del cammino iniziatico troviamo ben evidente come la Tolleranza sia un principio fondamentale della Libera Muratoria all’interno della quale deve essere rispettata la Coscienza Politica e Religiosa di ogni Fratello, a cui seguono immediatamente dopo due moniti: “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te stesso” e “Fai agli altri tutto il bene che vorresti gli altri facessero a te”.
È vero che si parla di “ogni Fratello”, ma ritengo che forse tale termine possa anche essere inteso in una forma più ampia comprendendo l’intera Umanità.
Continua quindi a non configurarsi nessuna ipotesi di “Reato”, ma forse si inizia a intravedere che i nostri Principi non sono stati promulgati per configurarsi come un dovere solo nostro nei confronti dei nostri Fratelli e dell’Umanità tutta, ma anche di ogni essere umano verso di noi, che con noi si rapporta sotto ogni profilo, sia esso culturale, sociale, economico ma soprattutto etico e morale, un unicum inter-relazionale indispensabile il cui raggiungimento è estremamente difficile e richiede successivamente un enorme sforzo nel mantenerlo nel giusto equilibrio. Questo atteggiamento, che potrebbe risultare utopistico, in verità dovrebbe essere il “primum movens” di ogni Massone, ossia il diritto/dovere di accogliere e essere accolto e questo indipendentemente dalla posizione geografica di riferimento o dalle radici culturali.
Sono principi che trasversalmente coinvolgono ogni Uomo e ogni popolo che occupa “momentaneamente” il globo terraqueo, sono valori che, come il vento, devono percorrere e diffondersi senza limiti e frontiere attraverso le menti di ognuno, sono valori di RECIPROCITÀ che, dove non ben intesi, diventa proprio un nostro compito esserne i promotori di questa diffusione e un nostro dovere, probabilmente, trovare la giusta chiave espressiva per rendere questo messaggio Universale così come dovrebbe essere e così come lo abbiamo ricevuto. Una sola forza ha il potere di rendere possibile questo percorso: l’Amore, l’Amore Universale e incondizionato.
La Reciprocità sorretta allora dall’Amore diventa strumento di coesione e di comprensione e non di una condivisione forzata, la pluralità di pensiero diventa ricchezza, il mantenere viva l’identità culturale e di pensiero la garanzia di continua crescita dinamica dell’insieme.
Una fiaccola, un Testimone di Luce che noi abbiamo probabilmente il diritto di possedere ma sicuramente il dovere di diffondere e di portare fuori dalle mura dei nostri Templi. Un dovere che è lo scopo della Massoneria moderna, il motivo per cui ci ritroviamo, il motivo per cui la Massoneria travalica il pensiero del singolo ma attraverso il singolo ha la possibilità di diffondersi.
Qui quasi cursores vitae lampada tradunt.
Bruno T.