Nel coacervo degli studi iniziatici ed ermetici, si è spesso spinti a guardare al passato, alla storia. Che si sia operativi o meno si tende a volgere lo sguardo all’oggi, a trincerarsi in una confort zone dalla quale è sempre più difficile uscire. Il domani, il futuro, sono quasi del tutto assenti eppure l’iniziato, colui che si occupa di ermetismo, dovrebbe essere proiettato al futuro, un futuro progettuale e non casuale; il passato e il presente sono le cause del suo essere e del suo duplice lavoro: 1) individuale; 2) collettivo, o meglio diretto alla collettività. Nelle prossime righe proverò a darne una spiegazione e là dove le mie forze me lo consentiranno una dimostrazione.
Per definizione l’iniziato è un uomo nuovo, un nuovo essere (umano, ma non troppo o non sempre); senza perderci nel labirinto delle ierofanie e dei mutamenti ontologici dell’esser(ci), il conseguimento di una iniziazione, con la sua discesa nei mondi inferi e risalita, con la «morte del profano e la nascita dell’iniziato». La conquista dell’iniziazione è di per sé una novità. Novità nel suo etimo porta il senso di nuovo, fresco e giovane, finanche di fanciullo. Il neofita non a caso è un fresco fanciullo, non a caso, ad esempio, nella Massoneria questo ha tre anni e non sa né leggere né scrivere, e un fanciullo non è il passato, vive il presente, ma guarda, è proiettato a domani. Per mezzo di Hermes egli non perderà mai, almeno in una qualche forma e parte, la sua freschezza e bricconeria. È sempre per mezzo di Hermes che egli potrà penetrare e far sue le Scienze Ermetiche, in seguito potrà diventare interprete, ermeneuta ed in ultimo Traditor, colui che trasmette.
Alla iniziazione deve seguire la formazione. La formazione dell’Homo Hermeticus è quantomeno duplice. La prima è quella dell’uomo dello spazio e tempo in cui vive e opera. La seconda è quella dell’iniziato. Dell’uomo che è divenuto altro da quello che era prima del cominciamento del suo viaggio. Questo divenire altro è il mutamento ontologico dovuto alla iniziazione. All’interno della scuola o dal suo Maestro iniziatore egli riceve la prima formazione, spesso e necessariamente in forma elementare, oltre che mitica, metaforica, allegorica e simbolica. Unitamente alla formazione riceve un metodo. Successivamente inizierà ad ampliare le prime nozioni ricevute sino a rendersi autonomo, autonomia che conquisterà passaggio dopo passaggio, anche attraverso la fase della ribellione e della «trasgressione», sino a giungere al momento della comprensione e compiere a sua volta il magistero. Se è per taluni aspetti imprescindibile la collocazione storica, per altri, allo stesso modo, non possono essere trattati come elementi secondari i rapporti dell’Homo Hermeticus con i simboli, il sacro e la tradizione sia essa quella con la t minuscola che quella con T maiuscola.
È lapalissiano di come si stia parlando di una iniziazione che ha raggiunto la sua completezza, ovvero, che sia passata da quello stato di potenza ad atto. Una iniziazione che resta solo potenza è inutile, peggio dannosa. “Lo scopo dell’iniziazione è di impiantare speciali semi karmici nella mente del discepolo: ma se egli (o ella) non posseggono l’apertura che deriva da un interesse spirituale di base, sarà per questi semi assai difficile avere un qualche effetto”. Per ovvie motivazioni in questa sede non ci occuperemo degli effetti delle iniziazioni nei piani di esistenza successivi a quelli dell’esistenza su questo piano materiale. Ma non possiamo non ricordare che il cambiamento ontologico dell’iniziato si verificava soprattutto nella sua esistenza dopo la morte. Già presso alcune popolazioni primitive si insiste con enfasi sulla differenza tra la sorte post-mortem degli iniziati nella confraternita e quella dei non-iniziati. Nell’Inno a Demetra si esaltava la felicità degli iniziati nell’altro mondo e si compiangevano loro che morivano senza aver partecipato ai Misteri. “Felice l’uomo che mentre viveva sulla terra ha visto queste cose! Colui che non ha conosciuto le sante orge e colui che vi ha partecipato non avranno dopo la morte la stessa sorte nelle dimore oscure”. (Inno a Demetra, 480-482).
“Felice colui che ha visto queste cose prima di andare sottoterra! esclamava Pindaro. Egli conosce la fine della vita! Ma ne conosce pure l’inizio...” (Threnoi).
“Tre volte felici quei mortali che, dopo aver contemplato questi Misteri, se ne andranno all’Ade; essi solo vi potranno vivere; per gli altri, tutto sarà sofferenza” (Sofocle, frg. 719 Dindorf, 348 Didot).
All’epoca ellenistica, l’idea che l’iniziato ai misteri godesse di una situazione spirituale privilegiata, sia durante la vita che dopo morte, era diventata ancor più popolare. Si chiedeva dunque l’iniziazione per ottenere uno status ontologico sovrumano, più o meno divino, e per assicurarsi la sopravvivenza post-mortem, se non l’immortalità. E, come abbiamo visto, i Misteri utilizzano lo scenario classico; la morte mistica del novizio, seguita da una nuova nascita, spirituale. Per la storia delle religioni, l’importanza dei Misteri greco-orientali risiede soprattutto nel fatto che essi mettono in luce la necessità di un’esperienza religiosa personale, che abbracci l’esistenza totale dell’uomo, cioè, per usare la terminologia cristiana, anche la sua ‘salvezza’ nell’eternità. Una tale esperienza religiosa personale non poteva dispiegarsi nel quadro dei culti pubblici, la cui principale funzione era di garantire la santificazione della vita civica e la durata dello Stato. Nelle grandi civiltà storiche dove sono proliferati i Misteri, non si trova più la situazione specifica delle culture primitive; in queste, come abbiamo ripetutamente osservato, le iniziazioni dei giovani erano al tempo stesso una occasione di rigenerazione totale, sia delle collettività che del Cosmo.
Questa novità non si limita a colui che è mutato, implica necessariamente un cambiamento di stato nel mondo in cui avviene. Per essere più precisi il cambiamento avviene nei mondi in cui opera e agisce l’iniziato. Il primo di questi mondi è quello racchiuso nel sacro recinto della comunità in cui il profano subisce l’iniziazione. Come la nascita di un figlio “scombina” abitudini, orari ed energie della famiglia, così il neofita scombina quelle della comunità in cui è ricevuto. Il neofita è un portatore sano e inconsapevole di caos, spesso energetico. Questo è uno dei motivi per cui è indispensabile esaminare e testare colui che è destinato a subire e ricevere l’iniziazione. Prendendo come modello esemplare la Massoneria, questa è una delle motivazioni per cui è indispensabile ben tegolare il profano. Questo mutamento, questa nuova forma dell’esserci non porta cambiamenti solo nel ristretto consesso degli iniziati riuniti in un recinto sacro specchio del Cosmo. È appena il caso di ricordare che Cosmo deriva da Kosmos (ordine) e quanto il gioco tra le forze ed energie sia fondamentale tra Ordine e Disordine. Il cambiamento di stato del neofita dovrebbe, il condizionale è d’obbligo, riverberarsi anche nel cosiddetto mondo profano, nel qui ed ora e dal momento della sua iniziazione dovrebbe modificare, gradualmente, il modo in cui interagisce con i valori di cui è diventato portatore. Per valori si intendano le qualità morali, intellettuali, di coscienza e amore espanse nella materia densa e in quella sottile.
Ecco una delle utopie, l’UTOPIA, delle scuole iniziatiche e della scienza Ermetica tutta, la trasmutazione dell’Universo tutto - Macro e Microcosmo - il miglioramento dell’umano consesso anche per tramite, mezzo, di un solo individuo.
Amore - Coraggio - Scienza
Michele Leone