Uno dei concetti che reputo più interessanti su cui ragionare all’inizio di un percorso massonico è quella parte del solenne giuramento che ne decreta l’ammissione, nella quale si esprime chiaramente l’intento di consacrare tutta la propria esistenza al bene e al progresso della patria e dell’umanità intera. Un giuramento quindi con un proposito importante che delinea un netto cambiamento di quelle che saranno le priorità dell’iniziato se non già precedentemente in linea lo stesso. Ad egli viene peraltro concessa piena libertà di ritirarsi, se non se la sentisse di compiere tale giuramento.
Il concetto può apparire molto generale, da cui probabilmente è lasciato ad ognuno di arrivare a conclusioni interrogandosi sulla questione. Si può però senz’altro provare ad analizzarne sinteticamente qualche implicazione contemporanea.
La congiunzione “e”, che volendo tradurre in linguaggio matematico e informatico equivale all’operatore booleano “and”, descrive tutti gli elementi comuni presenti nell’intersezione di due sistemi, in questo caso patria e umanità. Qui entra in gioco il concetto di bene. Bene infatti non è male, quindi è assimilabile al concetto di ordine, ma non è neanche il meglio, poiché il meglio implicherebbe, forse, la non intersezione dei due sistemi. Problema che si è sempre cercato di risolvere, sgravando progressivamente all’essere umano gli sforzi atti al sostegno della civiltà, dapprima per esempio con l’utilizzo degli animali e della macchina (automazione), e nei tempi più recenti tramite la tecnologia informatica (robotizzazione).
L’ottimizzazione dei processi che portano man mano al bene di questi due grandi sistemi concettuali, avvicinandoli sempre di più ad un’idea, forse utopistica, del meglio, contemporaneamente e in maniera convergente, porterebbe quindi a quella che può essere definita un’idea di progresso. Un compromesso tra il bene della patria e dell’umanità sempre meglio calibrato. Oltretutto, l’umanità statica, che rimane uguale a sé stessa non può esistere, poiché o progredisce o degenera. Come tutto ciò che è vita, o si organizza in maniera ordinata per limitare l’entropia delle sue componenti, oppure degenera in caos.
Quando mi capita di ragionare seriamente a cosa implica il bene per mia patria, non in una accezione politica o amministrativa, ma per esempio semplicemente quando devo decidere cosa fare e cosa saper dire all’altro, lo scoglio più grosso diventa la limitatezza della mia conoscenza in campo economico. Se in tempi passati la base di questo bene poteva essere soprattutto di stampo ideologico, nell’ambito di nazioni che detenevano un grado di indipendenza e isolamento tale da permetterlo, oggi la qualità delle scelte e data dalla necessità di fare quadrare il bilancio, con implicazioni più tecniche che politiche. La percezione comune è quella del sollievo ad avere un potere esecutivo tecnico e non politico, per paura che una derivazione basata su principi possa incrinare il benessere dei cittadini. Questa matematizzazione impone al massone di buona volontà uno sforzo a ragionare sui consumi, sulla sostenibilità e sull’informatizzazione almeno per ciò che lo può riguardare direttamente. Sforzo che aumenta in maniera esponenziale quando si trovi a dover dare un parere, anche in campo sanitario per chi ci lavora, sulle scelte fatte dai vertici del paese in periodo di pandemia e tagli alla sanità.
Affrontare invece l’altro sistema, cioè il bene per tutta l’umanità, citata per seconda, diventa affare ancora più complicato. In questo campo non bastano studio, intelligenza e ragionamento logico. Sono necessarie sensibilità, empatia, conoscenza del funzionamento dell’uomo, sotto l’aspetto fisico ma anche psicologico, ma soprattutto, essendo tutti noi uomini, capacità introspettiva. Quest’ultimo punto sembra descrivere bene il lavoro latomistico, soprattutto poiché questo atto all’inserimento della pietra in un contesto più grande. Nonostante questo rimane un grosso quesito irrisolto. Infatti, se per semplificare possiamo descrivere il bene della patria come il PIL, siamo in grado di descrivere qual è il bene dell’umanità? Viene forse istintivo rispondere cose come la salute perfetta, il benessere, la serenità, la felicità, o magari raggiungere l’immortalità. Poniamo però, per grande semplificazione, che il massone di buona volontà abbia realizzato in via preliminare, tramite impegno e studio, che il bene dell’umanità sia il suo benessere (evito volutamente di addentrarmi in concetti più profondi come quello di conoscenza).
Nonostante l’umanità sia citata per seconda, un’umanità senza patria può esistere, mentre una patria senza umanità non può esistere. Altrimenti chi prederebbe coscienza della patria stessa? Dunque in ultima analisi si può considerare come il massone si può porre metaforicamente nei confronti del prossimo, parte dell’umanità, consacrando tutta la sua esistenza a questi due obiettivi per ottenerne un’idea di progresso, ognuno per quel che riguarda chiaramente il suo contesto soggettivo, come l’ambito professionale. Per descriverlo userò tre metafore, le prime due volutamente forti ed estreme, per sottolineare la degenerazione che se ne produrrebbe:
- considerando il prossimo come una “mucca da latte”, ovvero un essere selezionato geneticamente generazione dopo generazione, allevato all’obbedienza, nutrito in maniera funzionale, decisamente limitato nelle sue libertà, molto simile ai suoi simili, poiché tutti utili allo stesso obiettivo, cioè la produzione di latte; molta produzione e poco benessere;
- considerando il prossimo come un “cane da compagnia”, ovvero un essere tenuto in ottime condizioni, ma continuamente bisognoso di attenzioni poiché estrapolato dal suo contesto naturale e abituato a vivere in un contesto civile nel quale non ha la struttura cerebrale per potersi gestire da solo; nessuna produzione e molto benessere;
- considerando il prossimo come un “figlio”, ovvero un essere in cui ci si riconosce, nel quale si concepisce una propria continuazione nel futuro, ma soprattutto che si ama; un essere che si educa nel modo migliore che si può, come vorremmo fosse stato fatto con noi, che si avvia all’indipendenza con l’inserimento nella società civile, e che si istrusce alla misura per conseguirne il giusto benessere.
Una delle cose che differenzia l’ultima tipologia tra questi tipi di “umanità” è senz’altro l’educazione, rispetto all’allevamento o all’addestramento. L’educazione implica il “tirare fuori” quello che l’umanità già potrebbe essere in potenza; implica rispetto, sincerità e anche eventuale presa di coscienza di aver sbagliato e poter fare di meglio, sensazione che forse molti genitori hanno avuto almeno una volta.
Oggi vedo con relativo dispiacere, dato da una radicatissima convinzione che non tutti i mali vengono per nuocere, un profondo torpore sociale, masse enormi mantenute volutamente nell’ignoranza (e spesso mi sento tale anche io) e nell’instabilità emotiva, con derive psicologiche assimilabili a nevrosi di massa e istituzioni nazionali asservite o condizionate da enormi patrimoni privati o super potenze estere, che limitano la sovranità necessaria a fare della nazione un punto di riferimento sociale e civile. Considerando che un giuramento può essere messo in relazione al valore di un uomo tramite la sua parola, in questo contesto la massoneria è attuale nel voler educare al bene e al progresso della patria o rischia di ritrovarsi asservita a scopi che poco hanno in comune coi suoi principi? Esiste in questo caso il rischio che l’idea di progresso oggi possa essere declinata in modo tale da creare degenerazione?
E.C.