“ Per entrare nelle fiabe bisogna essere dei bambini oppure Iniziati”
Questa citazione attribuita a Hugo Pratt ci introduce e ci accompagna in un mondo immaginario. È il mondo delle fiabe che nella nostra infanzia ci hanno aiutato a scoprire il mondo. Non erano per noi semplici racconti, erano qualcosa di molto più profondo perché le fiabe fanno parte di noi.
Il significato profondo di ogni fiaba della tradizione popolare affonda le radici nel mondo antico, negli archetipi, nei misteri iniziatici e nei miti; ecco come l'interpretazione delle fiabe diviene un importante strumento per la conoscenza di se stessi e per il proprio viaggio di crescita personale. È un viaggio alla riscoperta dell’Anima, perché in esse vengono proiettati sia i desideri che le ansie più segrete dell’essere umano.
Carl Jung sottolineava che i simboli e le immagini che emergono dalla fantasia sono ponti verso una realtà più profonda che trascende l’esperienza personale, una connessione con l’Anima Universale. L’immaginazione dunque non è altro che una porta verso il mondo spirituale, verso una verità che va oltre la razionalità.
Col passare del tempo gli antichi riti inclusi quelli d’iniziazione del passaggio dall’infanzia all’età adulta con la loro morte simbolica sono andati perduti ma le loro forme archetipiche invariate hanno dato vita a nuovi simboli da cui poi sono derivati i miti, storia degli Dei e le fiabe, storia dell’Umanità.
Le fiabe rappresentano quindi una chiave essenziale per l’interpretazione simbolica di archetipi appartenenti ad ogni età dell’uomo e allo stesso tempo è una via per riscoprire le energie universali che si muovono nel cuore del nostro intimo che possono servirci nel percorso personale di elevazione spirituale, perché la rinascita essenziale dell’essere avviene attraverso prove ed ostacoli tipici proprio del cammino interiore di risveglio animico.
Tanto tempo fa in una piccola insenatura tra gli scogli, c’era una barchetta a remi che ondeggiava sul mare spagnolo. Era stata costruita con un legno molto pregiato da un vecchio pescatore che abitava in una casetta sulla spiaggia. Ora era il nipote di nome Corto che se ne prendeva cura e l’aveva chiamata Sofía . Tutti i giorni andavano a pesca e Sofía, riconoscente, lo considerava ormai parte della sua famiglia. Oltre a Corto c’era anche una micia che il suo amico umano aveva chiamato Venus. Era bellissima, con grandi orecchie, occhi verdi e pelo lungo di un bel colore rosso. Era nata nella foresta di un paese del Nord ed era arrivata viaggiando su un Galeone spagnolo. Quando la scialuppa che la trasportava aveva toccato riva era scappata impaurita e nonostante le ricerche non venne più trovata. Fu nella sua prima notte di libertà che saltò nella barchetta, diventando da allora l’amica del cuore di Sofía. La calda accoglienza dimostrata anche da Corto l’avevano fatta sentire subito a casa, sebbene fosse straniera in quella terra. Corto giocava spesso con lei, l’accarezzava dolcemente mentre Venus faceva tante fusa. Si amavano molto. Durante la pesca, Venus aspettava paziente un bel pesce per pranzo, accucciata in una cesta sulla barchetta. C’era poi un altro amico che andava a pesca con il terzetto appoggiandosi sul bordo di Sofía. Era un giovane pellicano chiamato Hércules che faceva un verso simile al raglio dell’asino. Era così divertente! Anche lui aspettava il suo premio a base di pesce.
Corto era molto affezionato alla sua barchetta e quando la vedeva ondeggiare esclamava ridendo “Ecco la mia Sofía ballerina !”
Sofía si sentiva felice con i suoi amici anche se pescare sempre nelle stesse acque l’annoiava un po’ e quando vedeva un Galeone all’orizzonte sospirava: “ Come vorrei essere un veliero bellissimo come un Galeone…”
“Ma tu sei già bellissima “ ripeteva Venus “Grazie amica mia “ rispondeva Sofía ” Ma io non potrò mai solcare gli oceani, conoscere nuove genti e vedere terre nuove, non potrò mai fare nuove scoperte…”
La vita trascorreva tranquilla quando un giorno durante una forte tempesta, Sofía, tirata in secco sulla spiaggia, vide il suo Galeone preferito “Mi Tesoro Escondido” rovesciarsi per la furia delle onde. Era lontano, in mare aperto. Inorridita lo vide inabbissarsi ma subito dopo riemergere, spinto dalle correnti e dal vento. L’equipaggio sembrava scomparso nei flutti, ma poi apparvero le scialuppe con i marinai che remavano verso la spiaggia. Il povero Galeone sballottato dal mare veniva sospinto sempre più velocemente contro gli scogli. Sofía urlava “Noo, attenzione, fermati!” Ma era troppo tardi, nel fragore delle onde che si infrangevano contro la scogliera, la prua urtò alte roccie che la sfondarono e l’incagliarono, imprigionando tutto lo scafo. Lo squarcio al centro era a forma di cuore. “Mi Tesoro Escondido” si addormentò per sempre.
La tempesta poco a poco terminò e la barchetta disperata dovette essere consolata a lungo dai suoi amici per calmarsi.
Poi la vita continuò come sempre: la pesca con Corto, le giornate tranquille con Venus, il giorno e la notte, il sole e la luna. L’unica differenza era quel povero veliero incastrato sugli scogli.
Anche Hércules era ormai più di tre mesi che non si faceva vedere. “Chissà dove sarà...mi manca molto” pensò Sofía.
Poi successe qualcosa di inaspettato.
Un giorno durante la pesca quotidiana di Corto, il cielo divenne sempre più cupo. Iniziò a tuonare, i lampi illuminarono il buio, le onde si fecero sempre più alte facendo ondeggiare e scuotendo la barchetta su e giù, completamente in balia del mare che si infrangeva con violenza sul legno.
Venus era così spaventata, miagolava e cercava disperatamente di nascondersi. Corto remava con forza verso la riva. Ma un’onda più alta gli strappò i remi e per poco non cadde in acqua. Sofia era preoccupata per i suoi amici, doveva salvarli a tutti i costi, anche a costo della vita. Ormai la tempesta era diventata terribile e lei veniva spinta sempre più in mare aperto.
Si rivolse disperata al vento impetuoso: “ Ti prego, spingimi verso terra!”. Il vento impietosito l' accontentò.
Avvicinandosi alla spiaggia Corto si tuffò con Venus aggrappata alla schiena e nuotò sino a riva salvandosi. Sofía non si rese subito conto del pericolo che aveva di fronte... poi vide gli scogli, crack...chiuse gli occhi e tutto divenne nero.
Un suono… iniziò a sentire un suono mai sentito, era il suono delle vele gonfiate dal vento leggero, erano i suoni dei tanti oggetti sui ponti che si muovevano. Per Sofía era un’armonia perfetta…la sua musica del mare. Sentì ordini urlati mentre rallentavano. E sentì lo stridio della catena dell’ancora calata in acqua. “ Miaooo! Hei sveglia dormigliona!” Miagolò Venus. Sofía esitava a riaprire gli occhi per paura che tutto fosse un sogno. Si sentiva diversa, serena, parte del mare, del vento, dello stesso cielo. Infine aprì gli occhi: era sulla prua, ma non appoggiata su uno splendido veliero, era il veliero. Il suo amico Corto aveva raccolto i suoi pannelli di legno sugli scogli e aveva ricostruito la prua del Galeone incagliato. Sofía era diventata il suo cuore. Che bella sensazione. Non era più la barchetta di legno stagionato, ora lei era un maestoso Galeone "El Renacimiento” con Corto come Capitano.
“Ti sei sacrificata e ci hai salvato la vita cara amica! E’ poca cosa di fronte al tuo gesto d’amore! “ Disse Corto accarezzandola, mentre Venus si strofinava con tante fusa.
Sofia rimase in silenzio e si lasciò cullare dalle onde ammirando il mare. Era una notte stellata. Ecco che in alto sentì un saluto, un verso conosciuto. Alzò gli occhi e vide Hércules volare verso la costa seguito da tre piccoli pellicani. Allora era una mamma! Ecco il motivo della sua assenza! Il Galeone sorrise fra sé dalla sorpresa e poi con gratitudine continuò a lasciarsi condurre dal mare nella sua danza.
Fu allora che sentì la nenia intonata da un vecchio marinaio . Era quasi un sussurro alla Luna…
Il Galeon che i mari sfidò,
or giace laggiù.
E più non si sente il cannon che tuona,
né le grida dei marinai in festa
e neppur la campana del rancio che suona,
né il rumor della nave lesta.
Ora è là, immobile e triste,
ricorda le guerre passate,
i monti e le terre viste
e l’onde dall’acque salate.
E dal buio del mare
vorrebbe risalire
e rivedere quelle care terre spagnole.
Il marinaio tacque e la Luna sorrise al suo canto.
Questa fiaba parla di inclusione, di Fratellanza, di generosità assoluta, di Amore per il prossimo che sfocia nel sacrificio estremo. Sofia vive la vita passivamente, senza grandi emozioni, con gesti quotidiani ma è inquieta perché cerca qualcosa che vada oltre la quotidianità, cerca nuova conoscenza ma si rende conto che come barchetta sarà per lei impossibile “solcare nuovi mari e fare nuove esperienze”. È un profano inquieto che cerca la Luce, perché come scrive Dante “… fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza".
Eventi inaspettati portano quindi la barchetta a confrontarsi in solitudine con le proprie paure e attraverso la morte del Galeone “Mi Tesoro escondido” prende coscienza della caducità della vita. Come nella nostra Iniziazione, Sofia in secco sulla spiaggia, superata la prova della Terra, si prepara ai suoi ulteriori tre viaggi.
Nella futura tempesta sarà purificata dall’Aria e dall’Acqua ed infine dal Fuoco del suo cuore che si sacrifica per Amore. La sua consapevolezza trasformerà il sacrificio in un atto di profonda spiritualità: non più una perdita ma un’ espansione dell’essere verso l’infinito.
Peri Massoni è una morte Iniziatica, una Rinascita simbolica di rigenerazione che fortifica l’Anima e che crea le condizioni di crescita e di riconciliazione con il sé e il mondo, un modo di riconnettersi con la sacralità della vita
L’unione di Sofia con Hercules e Venus, metafora dell’unione delle tre Luci del nostro Tempio massonico, diventa Armonia. Ed è proprio in completa Armonia con l’Universo che si sente Sofia diventata Galeone dopo la consapevolezza dell’ unione con il Tutto.
Nella fiaba anche il pellicano è emblema di carità, dell’aspirazione non egoistica verso la purificazione, è simbolo del sacrificio.
E poi c’è il significato profondo del “cuore”. In antichità il cuore era la sede dell’intelletto, dell’anima umana, della spiritualità, dell’Amore universale. Archetipo del centro, archetipo del Sé.
Ecco perché il Galeone incagliato sugli scogli senza il suo cuore, non è altro che un involucro vuoto, incosciente. Come l’essere umano che senza la consapevolezza della sua divinità in potenza interiore è come addormentato, stordito, inerme, che non vive ma sopravvive aspettando un cambiamento che non arriva come aspettava Sofia; ed invece è l’uomo stesso che deve risvegliarsi, cambiare, rinascere e trasformarsi, è l’Iniziato che deve trovare il proprio Tempio interiore.
È per questo che Sophia diventando il cuore quindi l’essenza del Galeone, diventa il Galeone. Ricostruendo il suo cuore con i pezzi di Sofia simbolicamente “si è riunito ciò che è sparso” che comporta le due fasi complementari “disintegrazione” e “reintegrazione” che costituiscono d’altronde il continuo processo cosmico, il “Solve e Coagula” degli antichi Alchimisti in un ciclo eterno di trasformazione.
Nadia Daniele