Cos'è la felicità e come facciamo ad ottenerla?
Epicuro aveva un'idea chiara e sicuramente condivisibile.
Innanzitutto Epicuro identifica il bene autentico con il piacere.
Ma il piacere epicureo non è puro godimento dei sensi. È la sensazione di benessere del corpo e dell'anima che si ottiene allontanando tutto ciò che ci fa male, sia fisicamente che nell'animo, che può turbare il nostro equilibrio.
Il piacere epicureo quindi è assenza di dolore, e i piaceri e i dolori che riguardano l'anima sono enormemente superiori a quelli del corpo. Il piacere supremo è l'assenza di dolore dell'anima.
La felicità è il raggiungimento del benessere, è una ricerca continua e attiva di quello stato che deriva dall'assenza di dolori. È più uno stato di consapevole e ricercata serenità che un momento di estasi passeggero.
Il nostro benessere fisico e psichico in realtà richiede pochissimo e la nostra umana "infelicità" deriva semplicemente dal fatto che siamo sempre alla ricerca di altro, che desideriamo molto di più. Non abbiamo la capacità di capire cos'è il benessere e vogliamo altro, sempre di più; la nostra immagine idealizzata di felicità che ci impedisce di essere felici.
La nostra mente è la fonte dei nostri guai, ed è la filosofia che può aiutarci a liberare la mente dalle vane illusioni.
Questa in sintesi può essere considerata la base dell'epicureismo.
L'obiettivo della vita di tutti i giorni è e deve essere la ricerca del piacere e l’allontanamento del dolore. Questa consapevolezza contribuisce a stabilire nell’anima dell’uomo uno stato di calma e di serenità. La prima necessità e la prima ricerca deve essere l'aponia, cioè l’allontanamento del dolore fisico; non così complicato da ottenere. Segue poi la ricerca dell'atarassia, l'allontanamento del dolore spirituale. E qui il lavoro si complica
Lo stato di serenità deve essere continuamente ricercato, a partire dalle piccole cose di tutti i giorni, ma con coscienza e razionalità.
Non si tratta di cercare il godimento di tutti i piaceri accessibili, ma occorre che l’uomo si lasci guidare da una ponderata valutazione delle conseguenze che deriveranno dalle sue scelte, dalla soddisfazione di un piacere presente o dalla sua rinuncia e dalla soppressione di un dolore attuale o dalla sua accettazione.
Un piacere soddisfatto può generare dolori più grandi, e un dolore accettato può procurare in seguito gioie superiori.
È necessario per l'uomo valutare se limitare l’appagamento dei propri desideri immediati al fine di procurarsi beni più stabili e duraturi, anche se non immediati.
Per aiutare l'uomo nella ricerca dell’atarassia, e quindi della felicità, Epicuro ha distinto i vari tipi di impulsi che l'uomo affronta. Le esigenze naturali e necessarie sono bisogni che l'uomo deve soddisfare, per esempio mangiare e bere. Sono bisogni essenziali senza la soddisfazione dei quali non si può vivere. Naturali, ma non necessari, ad esempio mangiare cibi raffinati, bere bevande particolari, non sono più necessità, ma la loro ricerca è soddisfazione di un piacere naturale. Può ci sono i bisogni non naturali e non necessari, ad esempio l'eccesso di cibo o di bevande.
I primi bisogni devono essere appagati perché, quando sono stati soddisfatti, cessa nell’uomo quello stato di dolore che nasce dal bisogno e dal desiderio; gli ultimi devono essere sempre rifiutati perché, se vengono appagati, risorgono di continuo con rinnovata violenza, togliendo all’uomo la tranquillità. I desideri della seconda categoria possono essere soddisfatti con moderazione e prudenza, affinché non turbino l’equilibrio interiore.
Epicuro invita l'uomo alla ricerca del benessere spirituale e dell'equilibrio, grazie al quale si può raggiungere l'atarassia.
il benessere è facile da ottenere: il bene e la serenità dell’anima si possono raggiungere seguendo la saggezza e la prudenza, che suggeriscono quali bisogni possano essere soddisfatti e quali altri invece debbano essere rifiutati.
È a volte necessario limitare l’appagamento dei propri desideri immediati al fine di procurarsi beni più stabili e duraturi anche se non immediati.
Questa filosofia si manifesta come una pratica terapeutica. Un rimedio contro i dolori dell'anima. L'uomo che cerca il benessere deve liberarsi da alcuni preconcetti che turbano la sua anima.
Il primo è la paura degli dèi e della morte; due dei preconcetti da eliminare il più rapidamente possibile. Sappiamo a questo proposito che sono le azioni dell'uomo che determinano il suo destino, non l'influenza divina. Gli dei, beati e incorruttibili, non si curano del mondo e quindi gli uomini non devono temere un loro intervento. E la morte è solo disgregazione degli atomi. Non ha a che fare con l'uomo. La vita esiste per aggregazione di atomi e la fine della vita è la loro disgregazione. Non c'è motivo perché l'uomo debba temerla.
L'uomo deve imparare ad affrontare il dolore quando esso arriva. Razionalizzare, capire ed aiutarsi col ricordo del benessere. Il dolore è breve e razionalizzandolo lo si sconfigge. In questo la filosofia può aiutare a raggiungere l'atarassia.
L'uomo deve tenersi lontano dai turbamenti che possono influire sul suo benessere. Tra questi indubbiamente la vita politica e sociale.
L'unica forma di rapporti con gli altri uomini è l’amicizia, libera e disinteressata, che procura conforto duraturo anche nei momenti del dolore.
Epicuro, come Aristotele, distingue tre forme di amicizia, basate rispettivamente sull’utile, sul piacere e sulla virtù. È chiaro che mentre un’amicizia fondata sull’utilità o sul piacere è destinata a finire quando il piacere o l’utilità cessano, l’amicizia fondata sul bene, quindi sulla virtù, è la più stabile e ferma ed è quindi la vera amicizia.
Ma. L.