Bello e(s)t buono

Bello e(s)t buono

Il problema del bello e la sua definizione non sono e non possono essere lo scopo di queste righe.  Il senso di questo lavoro è un modesto approccio alla visione del mondo e dell’interiorità dell’essere umano come un unico armonico ed alla tensione di questo al bene.                     
Nell’antichità, all’origine stessa di quella che si è soliti chiamare cultura occidentale, nel momento in cui le emozioni di vibrazione poetica si svilupparono nei due rami che col tempo sono diventati “le scuole iniziatiche” e la filosofia, il bello ed il bene non avevano ancora subito una divisione ed erano un’unica cosa, un’unica idea.                  
Il kalós-kagathós, bello e buono, rappresentava un’unica qualità affermata con vigore.  Quel vigore, quella vis, che nel corso dei secoli molte parole (ed idee) perdono giungendo alla fine della loro vita vibrazionale diventando semplicemente termini.  In origine al di là di ogni possibile considerazione, la ricerca del bello era anche ricerca del bene, del buono. Non va dimenticato, come la sola piacevolezza sensoriale non fosse considerata bellezza nel senso appena visto.      
La kalokaghatia nel tempo subirà vari sviluppi. Partendo da Platone primo teorizzatore della bellezza ideale, si arriverà al medioevo con le sue cattedrali fatte di manoscritti e di pietra.  Ad un certo punto, anche a causa della cristianizzazione del pensiero, un freno interverrà nella ricerca del bello.  Questo freno è dato dal timore che la ricerca del bello, soprattutto in relazione al bello sensibile possa distrarre dai valori morali (comunemente intesi ed accettati) e dalla ricerca del vero Bene.
Il bello potrebbe essere inteso, e lo è stato in alcuni periodi, come causa formale che porta al bene come causa finale.  L’essenza universale del bello nello splendore della sua forma sulle parti proporzionate della materia o sopra le diverse forze o azioni . Lo slancio metafisico verso il bello che parte dal discorso sulle proporzioni diviene quasi matematica e sgrossandosi dalla ricerca delle proporzioni materiali indaga sulle proporzioni che sottendono la materia da un lato e su quelle più sottili dall’altro.  Dalle proporzioni delle forme metafisica della luce  il passo non è distante.  La luce è la natura comune che si trova in ogni corpo, sia celeste che terrestre… La luce è la forma sostanziale dei corpi, che possiedono tanto realmente e degnamente l’essere quanto più partecipano ad essa.
La luce è un valore fondante delle religioni antiche e moderne, così come lo è delle scuole iniziatiche. È possibile rintracciare in vari luoghi ed in diversi tempi l’importanza che gli esseri umani hanno dato alla luce sia come manifestazione del divino o del trascendentale sia come percorso di rinascita o punto di arrivo dell’uomo vecchio che si trasmuta nel nuovo (nell’iniziato o risvegliato alla luce).             
Data la premessa necessaria, ma insufficiente a delineare compiutamente l’idea del bello e buono, è giunto il momento di abbandonare il sentiero delle storie e di intraprendere quello della riflessione. La contemporaneità ha perso i parametri universali del bello, ha perso fatto ancora più grave l’armonia tra l’essere e l’esistere.  I legami dell’essere con il cosmo sembrano diventare giorno dopo giorno sempre più lievi.  Il bello del quale in un modo o nell’altro siamo circondati, nella contemporaneità è passato, quasi per contrappasso, dall’essere un fatto estetico trascendentale ad una mera pratica cosmetica. La ricerca del solo e puro appagamento sensoriale, fa scivolare l’essere in un melmoso fango di autodistruzione.  Sia ben inteso, il piacere dei sensi, la loro fruizione ed appagamento non sono a priori un evento negativo; la negatività consta nello scollamento di questa ricerca/pratica con la contemporanea dismissione di ogni possibile ricerca e pratica del bene e dell’armonia universale.  Non solo vi è una perdita di senso o valore intrinseco del bello, ma innestandosi in un discorso tradizionale, vi potrebbe essere addirittura chi ama il brutto e su questo E. Zolla è più che chiaro: “Chi ama il brutto in un tempo in cui mille capolavori possono avvertire e raddrizzare il suo gusto, non è lungi dall’amare il vizio, e chiunque sia insensibile alla bellezza potrebbe benissimo disconoscere la virtù.”.                   
Questa perdita, questo “inganno” procede da innumerevole tempo. Se la scuola o quanti istituzionalmente preposti alla formazione delle giovani generazioni hanno dimenticato se non in tutto almeno in parte l’insegnamento del bello e del bene vi sono delle scuole, delle fratellanze che in modo più o meno occulto perseguono questo fine.   
All’interno di queste consorterie, di queste fratellanze, l’iniziato, tra le altre cose, viene passo a passo educato al bello ed al bene. Al neofita attraverso delle prove prima e degli insegnamenti catechetici poi viene insegnata la bellezza e la ricerca dell’armonia del cosmo contestualmente a quella del bene. Al neofita viene mostrato un tempio che è raffigurazione dell’universo ed all’interno del quale egli deve imparare a muoversi ed agire in armonia. Egli apprende i principi del sacro e di come attraverso la meditazione prima ancora che con lo studio possa arrivare al bello.  La proporzione, il numero e la misura materiali e trascendentali sono posti discretamente davanti al suo sguardo e come fanciullo a poco a poco evolve nelle sue età di studio.  Tra le leggi che imparerà a conoscere vi è quella del rapporto tra bellezza, forza e saggezza che alla stregua del numero, peso e misura lo aiuteranno nell’edificazione tanto interiore quanto nelle azioni esteriori nella società. All’iniziato, viene mostrato attraverso l’uso di metafore, allegorie e simboli l’intero universo, sia quello materiale sia quello trascendentale e di come i due in realtà siano un uno.  Viene ad esso insegnato a lavorare per il bene. Non solo lavorare per il bene, egli imparerà che il vizio non può essere debellato, ma che può e deve essere dominato dall’uomo che ama il bello ed il bene.         
Questa è solo una delle prime epoche dei lavori degli iniziati, in questa fase essi apprendono e si preparano, solo più avanti nei loro studi, quando saranno diventati veri amanti del bello e del bene potranno iniziare ad andare in giro per il mondo a svolgere la loro funzione di portatori di armonia. Queste poche righe vogliono essere un semplice invito ad un ripensare il bello nella contemporaneità. Auspicano una riflessione sui temi e le problematiche del bello e buono legati alla bellezza morale ed all’amore, a quella bellezza che nelle tradizioni iniziatiche corrisponde al creato ed al cosmo e che ad una estrema reductio ad unum non vede differenze tra mondo materiale e mondo trascendentale.  Sono un invito ad essere operatori di amore, in quanto l’amore è l’unica forza ed energia in grado di rinnovarsi perpetuamente ed inesauribilmente.  
L’Amore è la fonte di ogni bellezza e di ogni bene.
 
Michele Leone

Delta on-line

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